La Scapigliatura



Uno dei miei primi scritti, al riguardo.Vedi anche approfondimento qui: http://deisepolcriecimiteri.blogspot.it/2017/06/introduzione-al-racconto-fantastico.html

Può l'Italia vantare una tradizione di Letteratura oscura, decadente, spesso necromane e sepolcrale?

Sì, certamente!

Se si lasciano da parte autori arci noti come Manzoni, e si va alla ricerca di autori come gli Scapigliati, o i già citati poeti ottocenteschi e novecenteschi (Pascoli, Corazzini, Graf, Cardarelli, Valeri, Grande, De Bosis, Campana, Comi...e l'elenco potrebbe continuare!) tutti cantori di cimiteri, sudari, e avelli...

Riguarda alla Scapigliatura, sorsa a Milano nel 1860-1875 (il termine fu coniato da Arrighi) abbiamo tantissimi esempi di novelle e romanzi basati su amori morbosi, o contrastati, morte, malattia (anche fisica: molti Scapigliati morirono di tisi...)

Individualismo, eccentricità, languori di fantasticherie, spleen...Certamente sono "coetanei" dei poeti francesi maledetti, ma non semplici cloni e soprattutto non meritano l'oblio di cui godono a causa dello scomodo paragone con il Decadentismo francese, a mio parere troppo astratto e vagheggiato, laddove la Scapigliatura ha raccontato atmosfere più concrete e tangibili.

Vediamo qualche esempio:

"Donato del Piano" di Federico de Roberto:

Grigia, minuta, a larghe falde piove la cenere dal cielo ottenebrato e ricopre la terra, e seppellisce i viventi.
Nei campi agguagliati, piccole elevazioni indicano il posto di una tomba; ma ben presto quelle pieghe si livellano anch'esse, e per l'immenso cimitero del mondo niun segno distingue più la cenere della terra dalla cenere delle generazioni mietute.

"Fosca" di Iginio Ugo Tarchetti:

"Per la rovina che il dolore fisico e le malattie avevano prodotto sulla sua persona ancora così giovine.
Un lieve sforzo di immaginazione poteva lasciarne intravedere lo scheletro, gli zigomi e le ossa della tempie avevano una sporgenza spaventosa, l'eseguità del suo collo, formava un contrasto vivissimo colla grossezza della sua testa, di cui un ricco volume di capelli neri, folti, lunghissimi, quali non vidi mai in un'altra donna...tutta la sua vita era ne' suoi occhi che erano nerissimi, grandi, velati... La sua bruttezza era per la massima parte effetto della malattia... Certo ella aveva coscienza della sua bruttezza."

Ma Giorgio, il protagonista, rimane affascinato da questa conturbante e fatale Venere Sepolcrale:

"Il pensiero fisso... Quella donna volesse trascinarmi con Sé nella tomba.... Il vederla già consunta, già incadaverita... Abbracciarmi, avvinghiarmi...
Il nostro amore non era più un segreto....
Levai gli occhi in volto a Fosca....
D'affanno mormorò alle mie orecchie queste terribili parole: sii mio! Sii mio!
Una nebbia mi oscurò l'intelletto, e non ebbi forza di resistere... La malattia di Fosca si era trasfusa in me."


O in "Nobile follia" di Tarchetti:

"Ovunque noi ponevamo il piede, la morte ci aveva preceduti.
Non vi era più lembo di terra o di mare dove la guerra, il colera o le febbri non avessero mietuto migliaia di vittime... Negli ozii tormentosi di quelle lugubri giornate d'inverno, sepolti in quelle profonde capanne scavate nella terra e coperte da uno strato immenso di neve, io pensavo a quelle scene di lutto e di orrore che si svolgevano intorno a me."

Interessante anche il racconto di "La lettura U" basata sui deliri di un pazzo.

Abbiamo poi un'altra eroina,
"Narcisa" di Luigi Gualdo:

"Ella era bella più che sia possibile immaginare.
Vedendola si aveva alfine dinnanzi agli occhi il compendio di tutti i sogni...
Riuniva tutte le visioni: un poeta nordico, amante delle pallide figure ossianesche l'avrebbe trovata più completa di ogni altra sua creazione... Certo la figura di una donna così bella, così seducente e insensibile ma tutta invasa da una passione arcana passata come un'apparizione e poi subito sparita...."


O da "Decadenza":

"Cadde allora in una tristezza più amara di prima.
Subì la reazione di quel momento di gioia che aveva gustato.
Tutto ciò che si vedeva intorno che diventava insopportabile... e col cuore straziato dall'idea che si vedeva costretto a seguire la via opposta che tanto bramava.
Pensò che era meglio approfittare di quell'intervallo doloroso della sua esistenza."

Nei racconti neri e gotici:

Camillo Boito, "Macchia grigia":

"Ecco che anche in questo momento uno spettro scialbo e confuso mi balla di contro, ecco che insudicia il foglio bianco...Il sole era già tramontato,e la scrivania rimane in silenzio!La macchia cresce!prende una forma di uomo... Mi caverò gli occhi!!"

Vediamo anche qualche verso di poesia:


"L'ellera" ( = l'edera) di Tarchetti

Virtù d'eterno amore
nell'ellera si asconde
mai per mutar di verni
muta color di fronte
al freddo sasso avvinti
gli steli innamorati.


"Sogni" di Tarchetti

Sognai. L'orrido ho in mente impresso
in un avel calati eram per gioco
scende il coperchio immane a poco a poco
ci chiude
eternità sovr'esso.


Emilio Praga, "Preludio"

Noi siamo i figli dei padri ammalati
aquile al tempo di mutar le piume
svolazziam muti, attoniti, affamati
sull'agonia di un nube
nebbia remota è lo splendore dell'arca
...
Il patriarca s'attende invano...
e invan l'esausta vergine si abbranca ai lembi del sudario...
degli Antecristi è l'ora! Cristo rimorto!


Arrigo Boito "Dualismo"

Son luce ed ombra
angelica farfalla o verme immondo
sono un caduto cherubo dannato a errar sul mondo
o un deone che sale
affaticando l'ale verso un lontan ciel
ecco perchè nell'intime cogitazioni
io sento la bestemmia dell'angelo che irride al suo tormento...
ogni gemma brilla di pianto
acerba stilla fatta d'acerbo duol.


E ora, alcuni frammenti di Poesia Ottocentesca
- e primi del '900 -


Enrico Panzacchi: "Terribil sirena invernale"

Par dentro alla neve, tra gli alberi,
la piccola casa sepolta.
Tu canti,e non sai nella tenebra chi fuori pensoso, t'ascolta. T'ascolta cantare...
cantare in mesti, volubili metri...
tu evochi le care memorie,
terribil sirena invernale!
Danno echi d'angoscia e di pianti gli avori
del tuo pianoforte, un tetro pensiero di morte
esala ne' dolci tuoi canti...


Severino Ferrari: "Sprazzo di sangue getta sulla casa"

Sprazzo di sangue getta sulla mia casa,
l'aurora che si tinge al mio dolore,
da un tristo sogno la fanciulla invasa,
che la s'ode fra il sonno singhiozzare...
Le mani al duro lavoro gettano sangue.
Apri ed io mi alzo lento nel lenzuolo...
Oh triste nozze! Oh sempiterno duolo!


Adolfo de Bosis: "I notturni"

Il tramonto disfiora sue magiche ghirlande
lento e una dolce spande malinconia per l'ora...
Ma l'alma il puro grande tuo bacio, o Notte, implora!
Ben tu venga o possente Notte.


Giovanni Marradi: "Neve in campagna"

Fra il candore de' colli algidi intorno
biancheggian selve rigide e severe,
fantasmi di defunte primavere
nella penombra di un cinereo sfondo.
Bianchi fantasmi, visioni fra un bianco polverio
d'atomi erranti sorgono rigidi
e stan gli alberi...
e tutto imbianca un gelo, tutto agghiaccia un oblio.


Pompeo Bettini: " Nella valle sonora manca il giorno"

Io salgo al cimitero, coi bracci aperti disperatamente.
Le croci chiamano nell'ombra crescente
al loro amplesso fiero, saltano gli insetti per il cupo verde
... Ama d'un sol amor fino alla morte
e guarda spesso il cielo.


Bibliografia consigliata: