Poesia Albanese
Una breve introduzione:
Per secoli osteggiata dai Turchi,dal 1479 al 1912, l'Albania ha attraversato periodi oscuri e turbolenti, nel quale il sogno d'indipendenza forgiava le coscienze dei cittadini, che respingevano l'islamizzazione forzata, rifugiandosi in esilio, (Calabria, Puglia, Sicilia) per non dover pagare imposte (gezieh, kharah) al dominio turco. Molti tentarono rivolte; il condottiero più famoso è Skanderbeg (1405 ? - 1468) che forma una lega anti-turca. Fu lui a riunire i capi tribù, formando un embrione di Stato, con una propria bandiera: l'aquila a due teste. Skanderbeg godeva delle simpatie cattoliche, e fu definito da Nicola V "Campione e scudo della cristianità contro i Turchi", mentre Callisto III lo considerava "L'atleta e il difensore del nome cristiano" contro il dominio ottomano.
Solo verso l'800, per un breve periodo, l'Albania guidata da Alì Tepelen (1741-1822), riesce a sganciarsi dal potere di Istanbul; ma tra il 1822 e il 1830, l'Albania attraversa un periodo di stasi sociale e politica; i Turchi potenziano la repressione, e i feudatari locali non riescono ad organizzarsi per promuovere un movimento di liberazione nazionale. è solo con la salita al potere di Naum Veqilharxhi che si apre la cosidetta "Età della Rinascita" (Rilindjia): Veqilharxhi promuove un'associazione nazionale e si batte per introdurre l'insegnamento della Lingua Albanese nelle scuole, anche nelle comunità italo-albanesi.
Le opere di Girolamo De Rada (1814-1903), sono le più significative di tutta la Letteratura Albanese; rappresentano "Una prepotente emanazione del passato: è l'Albanese del Quattrocento, riforgiato nel secolo XIX alla fiamma delle tradizioni e ribattezzato nell'acqua lustrale del Risorgimento. è l'uomo antico e nuovo che ricrea il passato con l'anima entusiasta e sognante, e il passato stesso addita ai contemporanei per la rivendicazione dei diritti all'indipendenza e alla libertà".
Opere come i "Canti di Milosao" (1873), "Serafina Topia" (1839), "Skanderbeccu i Pa-faan"(Le sventure di Skanderberg, 1873) sono tutte opere che presentano questo ideale di rivendicazione di autonomia e libertà nel Paese delle Aquile (Shqiptar).
Chi volesse approfondire il discorso sociologico-storico, può leggere "Storia dell'Albania" di Nunzio dell'Erba (Tascabili Economici Newton).
Infine, una breve nota sull'antichissimo codice legislativo albanese, il Kanun!
Il Kanun è una raccolta di leggi consuetudinarie, composto da 12 libri: Chiesa, famiglia, matrimonio, casa, bestiame, poderi, lavoro, prestazioni e donazioni, parola, onore, danni, delitti infamanti, codice giudiziario, privilegi ed esenzioni.
Non è più in vigore a livello ufficiale, perchè il regime di Enver Hoxha lo abolì, ma ha segnato profondamente la società albanese.
Una cosa negativa del Kanun, che è tornato in vigore negli ultimi decenni, in forma criminale e sotterranea, è la questione dei delitti d'onore e della vendetta di sangue; vere e proprie faide,
che autorizzano i famigliari di una vittima a uccidere qualsiasi parente maschio dell'assassino; negli ultimi anni, però, si sono avute delle mattanze che non risparmiavano né le donne né i bambini.
Secondo una stima del 2008, dal '91 oltre 9500 persone sono state uccise in faide famigliari.
Quache verso di GEZIM HAJDARI, Poeta Albanese.
Queste poesie sono tratte da "Maldiluna / Dhimbjehene"
(le poesie vorrei dedicarle ad Antonjola H.
La ricordo sempre sorridente e amichevole, felice di poter andare col pensiero alla sua patria.)
Mi consolo di essere nella quiete della tua carne
tra l'acqua e il fuoco
nulla aspetto dei versi lacerati
nati nei quartieri di mondi oscuri
ovunque vada per le città mi riconoscono
le stigmate mi hanno lasciato sul volto e sulla pelle
segni profondi
come le ruote del carro nei campi autunnali dopo la pioggia
o come il ferro surriscaldato dei lager sulla pelle dei deportati.
O fanciulla del nord che scendi dalle colline insanguinate di tramonto
le fonti delle tue labbra non attirano più i miei giorni
tu mi rammenti il richiamo del corvo nelle selve del New England
e lo scricciolo delle mia provincia agricola sull'altra costa.
.... Ricordi, era marzo, fiorivano i siliquastri
con spavento e gioia ai margini dei burroni
forse il libro più bello
sorto dalle mie ceneri e che assomiglia alla tua vita
l'ho scritto nella mia stanza sgombra mentre guardavo dalla finestra.
Il testimone del tempo e il ritorno delle stagioni
sfiorate dalla nudità delle piogge
l'ho scritto in povertà estrema
nei miei giorni di pena e maldiluna
distante da te, distante dai tuoi crepuscoli
portando sulle spalle da una sponda all'altra
libri di un paese che adora i tiranni.
Corro per raggiungere i tuoi occhi,
stanco e perso
per le nevi e i templi di oblio
i tuoi occhi: due lune sulla collina arsa
una piccola patria
insanguinata dal mio amore e dalle pietre
che ho lanciato lungo questa costa
sono esule nell'origine dei tuoi occhi
occhi nudi: laghi freddi del nord
se vengo soltanto per rivedere i tuoi occhi verrò
come due notti estive della mia Darsia
se ritorno soltanto dalla guerra dei tuoi occhi ritornerò
ad ascoltare nel buio i tuoi occhi
e chiamarli sotto la pioggia
con un altro alfabeto.
Ho incendiato i tuoi crepuscoli
con le fiamme del mio sangue
ho raccolto tutte le mie notti
sotto la luce dei tuoi giorni
ho denunciato la mia disperazione
le tue rose e i tuoi coltelli
(anche se vivo da secoli in questa penisola
ancora vedo sogni nel vuoto)
è duro il castigo di Dio
profonde le ferite
che l'eterno apre nel mio corpo tremante
vedo che albeggia nelle mie notti
e rompersi qualcosa nei tuoi giorni.
.... O corpo di luna circondato di richiami
il tuo sangue diventerà altro sangue
il tuo crepuscolo un altro crepuscolo
e la sera che verrà coprirà il tuo freddo.
.... Non mi lasciate di fronte alle ombre
e ai miei versi che mi conducono al massacro
attendo che qualcuno mi chiami dal balcone
al crepuscolo
con quella voce conosciuta
tra colonne di pioggia.
Ah Peligòrga stanca
per le valli di Hajdaraj
chiami il mio nome: oblio di labbra.
Da quando è entrata la stagione delle piogge
non ho scritto nemmeno un verso
non ho pensato a nulla
insieme alla grige giornate e alle foglie d'erba
sono morto anch'io un poco,
.... In una città di mandorli amari
forse qualcuno nota la mia assenza
ed io non so a chi appartengo.
.... Oh stagioni finte con fiori di ginestre
nei cespugli in primavera e profumo di viole
dove il passero gioioso insegue il cuculo.
Rosa canina
petali di papaveri
caduti nella terra del crimine
sentieri con fischi di vipere
oh anni persi nei ruderi di merli e civette
labirinti oscuri e tremendi dove ho errato.