Mario Luzi



Mario Luzi è un grandissimo poeta che ha fatto dei suoi versi veri e propri gioielli sonori.

Come non lasciarsi travolgere dall'emozione della pura musica in versi come:


"... Dietro un velo di lacrime, il colore ritrattosi nel sangue, tra le frange dei capelli, un ovale di dolore, e non oltre sarai: un viso che piange." ("Diuturna")


"... Gelo, non più gelo, le tristi epifanie per le strade stillanti di silenzio e d'ambra, i riverberi lontani delle pietre tra i bianchi lampi delle fontane, ombra, non più che un'ombra è la mia vita per le strade, che ingombra il mio ricordo impassibile." ("Maturità")


"Propiziata da oscuri incanti e troppo dolore, mi venivi incontro, uscivi rapida dalla vista fra le piante nebbiose della sera. Un lampo, quasi un'alba sempre attesa. Poi restava la luce della tristezza. Io solo la città con le nubi ancorate agli acroteri.
Le orifiamme sopite dentro il cielo, e con l'intensa opacità d'un suono d'una serpe di suoni fruscianti e morti, un Dio deciso s'estingueva in echi innumerevoli, in figure." ("Labilità")


"Già colgono i neri fiori dell'Ade, i fiori ghiacciati, viscidi di brina, le tue mani lente che l'ombra persuade e il silenzio trascina. Decade sui fiochi prati d'Eliso, sui prati appannati, torpidi di bruma, il colchico struggente più che il tuo sorriso,
che la febbre consuma nel vento, il tuo corpo raggia infingardo tra vetri squillanti, stella solitaria, e il tuo passo roco non è più che il ritardo delle rose nell'aria."
("Già colgono i neri fiori dell'Ade")


"...Ed ora che per te morire sempre, più profondamente, per me essere è non dimenticare." ("A un compagno")


"... Rifluiva indi l'informe, indi la vita in ombre di viola dal vuoto costellato di vigilie al mio sguardo senza meta."
("Danzatrice verde")


"Voi librate sugli indachi perversi dei muschiosi angiporti, oasi d'amore, voi città, draghi insorti dal profondo della mia vita. Ancipite e in dolore! Voi nelle rosse epifanie d'infanzia sul sollievo dei ponti e le accalmie nere dell'onda, io vidi sul mio corpo esitanti in un sogno di bandiere, capigliature blu acclini alla notte, le maschere velavano e le grida, uno sguardo, le lacrime interrotte dalle forre, cercava il suo turchino, io così vorrei essere dolce nell'oscuro me stesso. Un viso attinto all'ambiguo sorriso onde si celano la fanciulle finitene nell'ombra."
("Miraglio")


"Sfuma l'acqua precipite i pendii, più le siepi non ronzano e le more si coprono di bruma. Tu devii dalla tua ombra. A poco a poco è sera. Vaghe, più vaghe, errano dietro un velo di polvere le vespe, i cani ansanti e le viottole: l'aria intorno al melo s'annebbia, un breve spirito trascorre. I ruscelli profumano di miele e di menta svanita sotto i ponti minuscoli ove passi insieme al sole ed ai lenti colori della vita. Dietro i tuoi quieti passi, che mi lasciano qua seduto sull'argine, nel bianco splendore della polvere, che sfugge, che si stacca per sempre dal mio fianco? La voce dei pastori nelle gole dei monti si raggela, dalla selva esce fumo e si tinge di viola, le mie vesti si velano di brina."
("Croce di sentieri")


"... E ciascuno di voi sentitamente solca il gelo d'un vento fatto inerte. Alberi, voi onde fu caro il marmo nella serenità delle leggende, torna in cielo il sorriso. Ma già eterna la vedova di sé, avvolge le tombe, per le campagne spente un corno suona le cacce sulle alture ove s'imperna la Luna..." ("Vino e Ocra")


"La mano al suo tepore abbandonata nelle lacrime spenti i desideri, forse è questa una donna: un tempo esangue, nell'ombra la bontà opaca di ieri: tra le voci dirotte dell'infanzia nei giardini cui fu  tetra la vampa i venti sterminati s'effiggiavano nelle mani con una luce rancia. Le nuvole alternavano la sorte dai cristalli alle vergini funeste, nei paesi l'angoscia delle porte sotto la bianca scia delle tempeste. Poi fu il tempo che il tuo volto sorrise lieve sui luminosi erebi d'ansia, altrimenti sulle deserte ghise ora il cielo fingeva le sue ruote. Poi di Luna un inane fianco rosa tese al vento gremito del tuo nome la caducità bianca di chiome, quella povera luce che ci opprime." ("Annunciazione")


"...Senza pausa una ventilazione oscura, errava tra gli alberi, sfiorava nubi e lande; correva ove tendesse vento astrale, deserto tra le prime fredde foglie, portava una germinazione oscura negli alberi, turbava pietre e stelle."
("Monologo)"


"... è questa la nostra regione senza limiti, cogline i fiori tristi, le erbe opache, messe che oscilla intentata; riposa. è quel grano non so che sia pallido nel campo abbandonato dove niente rimane da sperare, ora falcia le reste grigie, il triste velo a perdita d'occhio delle spighe, inoltrati nel folto senza fine."
("Né il tempo")


"S'avvia tra i muri, è preda della luce... forse eri tu, ora è un'apparizione o forse è tutto ciò che non ha pace, o sede, o movimento e non è vero né insostanziale vanità che solo puri specchi tradiscono fremendo. è una vaga figura, non ha requie... è nostra, la credevo una chimera se alcuna ne appariva per miracolo sotto aride pendici inconsolata per vie cupe ove niente vive più, niente se non la speranza del tuono."
("S'avvia tra i muri, è preda della luce")


"Il pensiero della morte m'accompagna tra i due muri di questa via che sale e pena lungo i suoi tornanti. Il freddo di primavera irrita i colori, stranisce l'erba, il glicine, fa aspra la selce. Sotto cappe ed impermeabili punge le mani secche, mette un brivido.
Tempo che soffre e fa soffrire, tempo che in un turbine chiaro porta fiori misti a crudeli apparizioni e ognuna mentre ti chiedi che cos'è, sparisce rapida nella polvere e nel vento. Il cammino è per luoghi noti se non che fatti irreali prefigurano l'esilio e la morte. Tu che sei, io che sono divenuto, che m'aggiro in così ventoso spazio, uomo dietro una traccia fine e debole! è incredibile ch'io cerchi in questo o in altro luogo della terra dove è molto se possiamo riconoscerci. Ma è ancora un'età, la mia, che s'aspetta dagli altri quello che è in noi oppure non esiste. L'amore aiuta a vivere, a durare, l'amore annulla e dà principio. E quando chi soffre o langue spera. Se anche spera, che un soccorso s'annunci di lontano, è in lui, un soffio basta a suscitarlo. Questo ho imparato e dimenticato mille volte, ora da te mi torna fatto chiaro, ora prende vivezza e verità. La mia pena è durare oltre quest'attimo." ("Aprile - Amore")


"Forse è un'ombra del cuore, l'orrore che disarma e raggela sui vetri lo stupore delle grida chimeriche negli atrii. Arrossano le mele sulle fioche erbe di Parma e il tuo sguardo in altrui sguardi succede. Il colore dei cedri sul marmo ti precede. Ma il vento soffermato sulle oscure lanterne, sul tuo viso riflesso nei miraggi vitrei delle città dimenticate. Si fondono irraggiate dalle bianche lucerne della sera le tue immagini strane mentre eguagli nitente le mutevoli Diane. Nulla più che un chiarore s'avvicina agli spalti, alle corna spettrali dei palazzi, il vuoto s'avvicenda nelle cave specchiere, nella febbre viola dei basalti. La tua forma nell'aria si ripete lungo un prisma ammaliato, è una pallida rete." ("Patio")


"Ma i tuoi capelli blu dimenticati al fuoco dei riflessi lungo i vetri rotanti, la tua immagine fredda dagli occhi nichelati ripetuta da fari sconsolanti...Io ricordo nell'aria l'occhio inerme della Luna e un brio pallido d'ulivi, un'iride addolcita dallo sguardo dell'erme, deposta sopra il vento triste per i declivi.
La forma del silenzio e d'una rosa nel cielo senza occaso,
un viso ch'evitando di piangere riposa nella sua vita restituita al caso. Sfigurata ora penetra una lancia celeste lungo i portici fuggiaschi. I cavalli di febbre nel bagliore dell'arancia trascorrono scabrosi verso i lenti piovaschi." ("Il cuore di vetro")


"Scocca un fulmine bianco di delizia sopra i campi, e la sera si propaga. Eco piange solenne ai tabernacoli d'ombre, non tuoi, d'ombre, di là da un velo son questi ciechi passi che ti portano nel sole calmo, abituato al cielo tra i fiori caldi, le strade tortuose e la polvere. Un grido rosso decade dal folto delle rondini." ("Frammento")


"Prima che questa pena migri altrove, soffrila, è tua, si duole in te la nascita incessante del tutto generato, il moto nella quiete, il divenire in quel che è, che resta sempre uguale... Verità o ricordo? Ricordo o verità? Verità troppo simile al ricordo annulla il tempo, ma ne moltiplica il tormento - squilla una trafittura di rimorso che gela il sangue, raggruma il mondo, reca, anzi, un riflusso dentro, di stellato sangue, ancora non suo, non separato dal gorgo. Poi il limite, poi la circoscritta spoglia, è vero e il dolore ma non l'umiliazione di questo. Oscuramente ricordano essi che lo aspettano, e oscuramente nascondono dalla loro polvere. In fuga su quel cristallo di passata, su quel cielo che il viso ne rimanda, - così tagliano il vento e la febbre del crocicchio, brucia, una, profonde offerte e desiderio, l'accortezza presente la consuma tutta compiutamente. Affondo l'altra nel tuo sguardo divagante, ti mette a parte d'un male antico che neppure lei conosce e porta come retaggio, come retaggio tramanda, due lampi - o una sola vampa? Quel silenzio d'ossame che la segue, quel lontanissimo abbaiare di cani della nascita del giorno, sono segni, questi, della vita che riprende o gemiti d'un desolato suo ritorno? Altro non le riconosce il cuore che il suo indicibile spaesamento." ("Brughiera")


"Fra i visi inorriditi che si volgono per non vedere, il tuo sporge più intenso. Più alta rocca di lagrime confitta nel silenzio, nel deserto di grida soffocate, così il tempo propizio per piangere fugge via, fra i denti si conchiudono i sospiri e recisi dall'anima, sguardi cercano pace e all'estremo nascono parole. Pazienza spegne e fa esigua la fronte, un debole sorriso quasi un'acqua latente scivola sulla bocca inaridita, schianta il volto gelato, la pazzia, ma te! Ecco ritrovo la tua essenza rifluita nel profondo dei gesti famigliari, delle calme abitudini sulle sponde solari:
tutto ci resta ancora per soffrire." ("Viso, orrore")


"Nell'ultimo sentore dei giardini già l'alloro è perito, ma una festa rara esulta o s'incanta sulle cime cerchiate di vertigine.
L'insetto guizza nell'aria viva di riflessi multipli da città dimenticate. La strada intesse l'eremo infiammato, l'acqua assorbe la vitrea lucentezza, rotta corre il purpureo labirinto la tua voce perduta: vieni, vieni... dal geranio alla rosa settembrina, qui l'anno si ripete in anni illesi, luce in un freddo baleno dalle foglie... piange il tuo passo sempre più romito... quando appare perfetto il nulla, il cielo si rinchiude intorno alle tue spalle... urge ancora alcunché di non compiuto."
("Bimbo, parco, gridi")


"Silenzio della terra, bocche, bocche cucite dalle lacrime: e la morte chiusa e configurata nel silenzio della fronte dell'uomo sotto il cielo compatto. Sulla terra concreta nell'attesa della pioggia e del sole, represso ogni respiro, l'uomo e il vuoto concentrico intorno alle sue spalle, il convolvolo eterno delle strade, silenzio, solitudine dei gesti, inadempiuti, sorrisi inabitati, povertà delle mani richiuse sopra il viso quando la volta inanime d'un grido trattenuto sovrasta le città. Ma lasciamo che parlino di noi, l'acqua, la calma erette delle statue, delle statue dal volto stornato dal richiamo d'una voce che sale d'Acheronte, un orecchio perenne intenderà forse il lamento. Voi dal cavo delle orbite, occhi immoti nel cielo esterefatto, fissità, fissità delle maschere contorte in una smorfia eterna. Siete voi il silenzio ostinato della terra, voi di là dall'estate dei giardini nel sole basso ordito dalle piante, e sempre contro il cielo vi vedremmo esitanti a parlare della morte. Noi l'uno all'altro simili e indistinti nell'attendere numeri non volti, forse in un giorno estremo un'improvvisa malinconia vi renderà la voce grata, s'evocherà qualche figura mobile, più mobile del mio spirito che il mio spirito possa perseguire." ("Un brindisi")

Vedi anche: https://deisepolcriecimiteri.blogspot.com/2022/05/lermetismo.html