Erica Jong



"Nel paese di Sylvia Plath"

Non ha niente da dirmi
la pelle del mare.

La vedo immergersi
in se stessa -

oltre la campana-medusa
che non suona per nessuno.

Volontà del ritorno.

*

A Londra, in una fradicia
mattinata londinese,
la vedo seduta
a piegare e piegare se stessa,
il rombo del sangue come pioggia
battente alle finestre del cuore.

Questo paese le si addice -
il mare, la pioggia
e il lutto
che quasi rima con Otto.

Osceno bisillabo,
un poco indugia
nel ventre
della casabocca.

Io sto qui,
assaporo il suo suono,
salino.

Hanno creduto che la tua morte
fosse l'ultima poesia:
un libro nero
con i caratteri d'oro in copertina
e pagine color cenere.

Io penso di no:
la pazzia
non crede
alle metafore.

Quando cominciasti a sentire
la deriva dei continenti
sotto i piedi,
il risucchio marino
e ogni atomo dell'aria
avvelenato,
perderesti il lusso della similitudine.

Grida di gabbiani, conchiglie rotte,
la costa erosa.
Qui finisce l'America
sprofondando
negli abissi.

Si muore diversamente
in California.

Marilyn ristagnava
nella pellicola,
il fotogramma si è inceppato
e la luce l'ha corroso.

Bronzina a platinata,
Ariel a Ondina
infine nessuna,
ti immergevi in te stessa
e le tue poesie
ti hanno ingoiata.
Che potevamo dirti allora?


***


Sanguino -
Bacerai le mie dita
tagliuzzate?


***

Ho maledetto le maledizioni.
L'aria è schiarita
e io sto qui a scrivere,
respirandoti.


***

Essere donna significa
eterno conflitto.


***

La nascita è l'inizio
della solitudine
e la solitudine l'inizio
della poesia.


***

Abbiamo tentato di stabilire
le leggi del bisogno d'amore:
quella scopata sul sedile
posteriore e la morte che ti accarezza.


***

Siamo inchiostro e sangue.


***

Attraversami nel buio:
vedrai la luce.


***

Mettimi controluce:
vedrai poesie.


***

Donne amare, scorre latte
sotto questa poesia
ciò che fu seminato col sangue
darà un raccolto di miele.


***

Medito sulle ossa nostre
solo perchè sfumino
con meno rimpianto.


***

Meditando nell'immobile loto
la mente prende il volo
e sfiora papaveri rosso sangue
ed erica viola,
come una farfalla.


***

So le mie ossa solo
un gabbia da morto.
Meditando vedo il cranio,
un teschio con dentro
candele accese.
Forse sono solo i soli di
altre galassie.


***

Una donna che punisce se stessa
col proprio dolore
è davvero un avversario feroce.


***

E versai il mio sangue
in ogni guerra sessuale
e annacquai il mio giardino col
sangue mestruale.



****


"Nel paese di Sylvia Plath"

Non ha niente da dirmi
la pelle del mare.

La vedo immergersi
in se stessa -

oltre la campana-medusa
che non suona per nessuno.

Volontà del ritorno.

*

A Londra, in una fradicia
mattinata londinese,
la vedo seduta
a piegare e piegare se stessa,
il rombo del sangue come pioggia
battente alle finestre del cuore.

Questo paese le si addice -
il mare, la pioggia
e il lutto
che quasi rima con Otto.

Osceno bisillabo,
un poco indugia
nel ventre
della casabocca.

Io sto qui,
assaporo il suo suono,
salino.

Hanno creduto che la tua morte
fosse l'ultima poesia:
un libro nero
con i caratteri d'oro in copertina
e pagine color cenere.

Io penso di no:
la pazzia
non crede
alle metafore.

Quando cominciasti a sentire
la deriva dei continenti
sotto i piedi,
il risucchio marino
e ogni atomo dell'aria
avvelenato,
perderesti il lusso della similitudine.

Grida di gabbiani, conchiglie rotte,
la costa erosa.
Qui finisce l'America
sprofondando
negli abissi.

Si muore diversamente
in California.

Marilyn ristagnava
nella pellicola,
il fotogramma si è inceppato
e la luce l'ha corroso.

Bronzina a platinata,
Ariel a Ondina
infine nessuna,
ti immergevi in te stessa
e le tue poesie
ti hanno ingoiata.
Che potevamo dirti allora?


****

"Alla Dea"

Dea, a te vengo
con una ghirlanda di boccioli di rose al collo,
la testa invasa di visioni di infanti,
gli occhi riflettono la tua radiosità,
le palme offerte ai tuoi chiodi d'argento,
utero e vagina spalancati
perchè la tua luce li riempia...
O Dea, sarei un vaso degno.

Mutamento - tutto è mutamento.
L'uccello si alza e ricade,
la donna si riempie e si svuota
in uno spasmo che scuote la terra;
la poetessa cresce e diventa una voce
questa voce che perde quando la morte la prende.
Un tratto di penna la cancella dalla pagina del suo libro.
Lo apro, e un vento freddo soffia in eterno.

Dea, a te vengo
con una ghirlanda di lacrime, perdite e sibili di vento.
Con le erbe della strega mi riparo il collo
per proteggermi dal comun fato nostro mutamento.
Le erbe seccano e diventano polvere
come la mia faccia una carta d'isobate d'ansia,
e mia figlia spicca come una vite
che si arrampica alla pergola del mutamento.

O Dea, insegnami a glorificare la perdita,
la morte e la vanità del tutto - adesso so che da questo flusso
sgorgano le tue grazie


***

"To the Goddess"

Goddess, I come to you
my neck wreathead with rosebuds,
my head filled with visions of infants,
my eyes open to your rays of illumination,
my palms open to your silver nails,
my vagina & my womb gaping
to be filled by your radiance...
O Goddess, I would be a worthy vessel.

Impermanence - all is impermanence.
The clock rises to fall again;
the woman fills only to empty
in a convulsion that shakes the world;
the poet grows to become a voice
only to lose that voice when death takes her.
A stroke cancels her upon the the page -
& yet I open her book & a chill wind blows from eternity.

Goddess, I come to you
wreathed in tears, in losses, in whistling winds.
I wrap the witch's herbs around my neck
to ward off the impermanence that is our common fate.
The herbs dry & crumble,
as my face grows the map of my anxieties,
& my daughter leaps up like a vine
twining around the trellis of impermanence.

O Goddess, teach me to praise loss,
death & the passing of all things - for from this flux
I know your blessings flow.