Patrizia Valduga


Qualche verso di Patrizia Valduga, tratto da "Lezione d'amore".

L'autrice, per quest'opera, è stata ispirata dai classici dell'erotismo come le opere di de Sade e Sacher Masoch, ma non solo, perché nei suoi frammenti poetici rivivono anche, nei versi a volte delicati, molto spesso sconfinanti nella violenza verbale, anche rimandi a Lautremont o alla "Storia di O"...

Vittima e Carnefice, Perseguitata e Persecutore .... anche se, qua e là, a volte, i ruoli si invertono....


Guardami!
dimmi, supplica: pietà....
O ti appendo al soffitto per le braccia.
più umile: pietà!
Adesso slaccia qui. Ho detto: slaccia!
Bimba, se vuoi guarire,
devi imparare l'arte di ubbidire.



Bambina mio, è destino
che il tuo destino passi per l'inferno.
Sono io il tuo destino
e tutta ti squaderno
e invado le pianure del tuo corpo
e mi apro ogni apertura del tuo corpo.


Bimba, sei pronta? Bisogna soffrire.
Tu ribelle, insolente e menzognera,
susciti le mie ire....



Ma cosa dico? è solo quel che dice,
perchè non sbaglia neanche una parola
e mi eccita tutto quel che dice....
Tutta una voglia sola,
non vuole che resista...
sto diventando o sono masochista?


Sereno celestiale,
bel sereno che fulmina furore,
mi farai molto male?
Come mi batte il cuore...
è amore? Non è amore,
con tutti questi oltraggi al mio pudore...



Tutti i miei falsi amori e falsi affanni
mi hanno portata a questa verità.
Ho cinque dieci trenta cinquant'anni:
è un'assemblea di tutte le mie età.
Cara ferocia, crudeltà, magnanima:
nel sangue, in ogni stilla stride l'anima.



Questa crocifissione senza croce
è come un lento percepirmi tutta,
scandirmi alla sua voce.
Lui mi vuole distrutta,
mi vuole in suo potere,
ma insieme crocifissa al mio piacere.


Sai, ti fa bene che ti faccia male.

Non aver vergogna:
bisogna fare quello che bisogna.
è il minimo e è tutto naturale
goditi il tuo dolore.
Godi che anche per oggi non si muore.
Stenditi su di me, stringiti forte.
Baciami, bimba, stringimi più forte.



E io, alla vigilia di svanire,
teatro di parole ritrovate
nel buio delle ossa,
sì, io, a supplicarlo di apparire
tra voci vigliaccamente inventate....
Che cosa può che un altro in me non possa?
Oh presto allora il poco che rimane,
cane delle mie ossa, ossa di cane!


No, no, lui rende tutto così puro,
e io superflua mi sento al sicuro


Grumo del tempo, io, tratto rappreso 
di tempo inesistito, 
io per te posso per un poco il peso 
dei doveri, del debito infinito, 
malinconie, mementi, melopee, 
tutti i gridi di gallo delle idee... 
Portami via con te, stringimi forte, 
portami via da tutta questa morte.


Dal "Manfred" (libro in collaborazione col pittore Giovanni Manfredini)

Oh Manfred, nero senza fine, nero
come nera matrice di ogni nero,
ma tutta luce, Manfred, senza nero
materia della mente e spasmo nero.

Biancore d'ossa... bianco dissolvente
grida nel nero... grido che lo sento:
ma come una strutture della mente
come la costrizione al godimento.

Dove sei, gli chiedevo col mio cuore?
ho freddo e ho per amante la mia mano
e faccio sogni e sogni di terrore
e non ho tregua qui e invanisco in vano.

Osceno e sacro, l'amore delibera
stessa sede per sé e per gli escrementi,
se non mi leghi io non sarò mai libera
né casta ma se tu non mi violenti.

Violentami, costringimi a godere
fendendomi con tutta la tua forza
e fa di me secondo il tuo volere
sii il mio flagello, dammi fuoco e forza.


Da "Cento quartine e altre storie d'amore"

Oh sì, accarezza dolcemente, sfiora,
ma minaccia ogni furia e ogni violenza
lentamente... non dentro, non ancora...
portami a poco a poco all'incoscienza.

C'è un solo incontro e non c'è un solo addio
e devo sempre stare sul chi vive:
nel grande cimitero dei miei io
vivo una vita tutta recidive.

Giura che mi terrai nuda e legata
per una notte intera, a luci spente;
che se mento sarò martirizzata
a mezzogiorno, irrevocabilmente.

In questa stanza che non ha più uscita
come stormisce il sangue, e al suo stormire
è il mio turno di vivere... di vita...
io so che sai che cosa voglio dire.

Fa presto, immobilizzami le braccia,
crocefiggimi, inchiodami al tuo letto.
consolami, accarezzami la faccia,
scopami quando meno me lo aspetto.

Ora tace sospeso il firmamento,
e la notte si adagia in un languore,
un fluire di pace e sentimento
che da non lieto non triste dolore.


" A questo punto mi destai e guardai" (da "La Tentazione")

A questo punto mi destai e guardai:
cielo e non altro, cielo alto e profondo;
di forze senza forma i suoi grani

[...]

e di lassù, dagli stellati chiostri,
valicò tali vortici di vita
volgendoli in veleni succhi inchiostri

e a sorso a sorso assorbiva la vita,
sbuffava in faccia all'aria aridi fumi;
nel crepuscolo o nell'alba annerita

[...]

poi mi parve vedere a poco a poco
che i diseguali spazi della notte
a punte di chiodi a tagli di fuoco
aprivano profonde e oscure grotte,
spelonche di spaventi, vuote urne
per quelle ore orribili e interrotte

che plasmano gli amanti taciturne.
E i cuori umani tacevano tutti
e dentro le caligini notturne

ombre venivano, un gregge di lutti,
ombre, nere ombre, nere umide e vive,
più larghe, mare, dei tuoi larghi flutti,

e subito posavano alle rive.

[...]

E io avrei voluto venir meno:
specchi di morte a specchi di dolore
nelle età tutte del tempo terreno,

centro di tenebre, tomba d'orrore,
suol senz'eco e via senza rimorso
sino alla volta raccolta del cuore.

[...]

e adesso non ho nulla e parlo da sola:
degli anni morti in cuore io mi accuso,
schiusi e stesi così come lenzuola,

e del presente uguale, cuore incluso.
Ma senza un bacio, senza una promessa,
unico verme di un sepolcro chiuso.