Giovanni Camerana


Qualche Verso di Giovanni Camerana...

Autore influenzato da temi Scapigliati e con una visione raffinata sepolcrale e necromane riverberata d'Autunno...


COROT

è Autunno. Il parco tanto verde un dì
splendido tanto,
intirizzisce nella nebbia. Il canto
cessò nei rami; ogni allegria finì.

è il triste Ottobre. I fracidi sentier
son seminati di foglie gialle e piene d'acqua; i prati
fumano, come un immenso incensier.

Sullo stagno, che attonito squallor
che strana calma!
Forse lenta nel fondo erra la salma
di qualche ondina dai capelli d'or.

Le bacian l'alghe flessuose il pié
fatto di neve;
non è una morta, è un'ombra bianca e lieve
una ideale trasparenza ell'è.

Nel buio specchio rigato qua e là
di un tenue filo bianco,
immerge la selva il suo profilo
la selva sacra per antica età.

è Autunno, è il pianto funebre, il respir
dell'agonia;
gravi echi d'arpa e strofe d'elegia
paion dal lago e dalla selva uscir....

(1878)



PIRANESI

Quando, angoscioso come una sventura
striscia e pesa sui campi il sepolcrale
buio notturno, e ragno enorme, il Male
trama in silenzio la sua tela oscura

io per le vacue vie, lungo le mura
gialle, ove echeggia e si dibatte e sale
l'incubo, io sogno un sogno mio spettrale;
e il ricordarlo, e il dirlo, m'impaura.


(1881)



BASILEA

... Ripenserò la buia Cattedrale
piena di tombe, e i grandi archi echeggianti
l'immane organo urlante ancora udrò.

Case fosche, atre vie, ponti sonanti,
spettri macabri, austera Cattedrale
Addio!... Son l'Ombra che fra voi passò!

(1882)



NOTE MORENTI

... Montagna e di viola finissimo; e fra i torvi
tronchi, e nei rami brulli, abitati da corvi,
splende, fornace enorme, tempesta incandescente,
d'oro, d'ambra, e di sangue, l'autunnale ponente.
E quell'orgia di brace, la campagna profonda,
il tugurio, funerea macchia meditabonda,
e dei tronchi e dei rami le buie forme nude
si specchian capofitte nella plumbea palude.

(1882)



VALPERGA

Cupo, nella funerea
notte, a luna calante
il cipresso gigante
fiancheggia il color vecchio
del rozzo campanil.

Di notte, enigmi tragici;
le piante paion spettri,
le finestre, occhi tetri;
per la facciata livida
si arrampica il terror.

(1883)



MATTUTINO

E salmeggiano ancora
laggiù, dentro la gotica
navata, le fantasime
bianche; è scoccata un'ora
nella notte, che innonda
l'anima di tristezza
profonda.

... Tutto - i boschi, le nebbie,
le rupi - tutto è spettro.
Tutto è spettro, ed innonda
l'anima di caligine.
Profonda.

... La tomba oscura innonda
tutti i dolori di requie
Profonda

(1885)



CANICOLA

Tempo di morte, sepolcral coperchio
di angoscia e d'afa nella cupa estate;
o lemuri di fiamma che tremate
sull'immenso dei campi arido cerchio.

(1904)


... Sui viventi sepolcri, che vedranno
altre tenebre ancor, tu prega, o Statua,
prega, o raggiante, e prega anche per me!

(1892)



Io sognai. Nella bara la vergine,
come un giglio consunto, giacea;
Sull'occiduo chiaror malinconico
il suo greco profil si pingea (nota della critica letteraria: questo verso può essere visto come un allusione al fatto che la Morte, nel viso della fanciulla, acquista una bellezza classica, che per definizione, è la bellezza ideale)

... Cupo sogno, presagio funereo!..
La mia Musa, oh segreti d'Iddio!
Era quella defunta: quel gemito,
Ahi sventura! Era il gemito mio.

(1865)


Guarda lo stagno livido!
Che confusi bagliori, e che mistero!
Come nel fondo si spande il crepuscolo
Vermiglio e nero!

... Le basse nebbie allungandosi
come fantasmi e incombono sul denso
stuolo di giunchi e sulla cupa requie
del piano immenso.


Questa è l'ora in cui piovon le rugiade
sui fiori dei prati e sui martirii umani
l'ora in cui il vento e l'onda l'ira cade.

(1891)



HELDER

Le tetre dune sfuman nel crepuscolo,
le vigilanti del nordico mar;
Desolati profili, enormi tumuli,
catene eterne del nordico mar.

... Un fil d'ombra divien la freccia gotica
dei mulini il torneo strano finì.
Sul cielo giallo nereggiano le immobil
braccia di spettro; il bel sogno svanì.


(1883)



BEETHOVEEN

Fino al gemito uscente dalle tombe!
Dorme sul drappo negro, ella, il bel fiore,
pallido e biondo, e l'atra notte incombe

(1885)



VALLE D'ANDORNO

Dimenticarti
non posso. Plumbeo sulle mura gotiche
dove affogo i miei dì. sul medioevale
declivio grave di torri e di frecce
pesa il cielo autunnale.

Dimenticarti,
non posso. E quando nei brumosi vesperi
scendo le mute vie bagnate d'ombra
le lacrimanti vie, le solitudini,
Morte, che l'erba ingombra.


(1889)



NOTTURNI

L'ombra i suoi riti celebra;
dorme la terra mesta.
E la mia stanca testa
dorme sull'origlier.

Fra il sonno un lieve battere
d'ali e un triste lamento
passar per l'aria sento
con lugubre mister.

Morta! e mi sveglio in lacrime.
Son quieti gli orizzonti,
e biancheggia de' monti
il nitido profil.

Tetro delirio! Brivido
Profondo!...E intanto i prati
esalano beati
l'inno primaveril.

(1867)



AD ARNOLDO BOCKLIN

IV

Plumbeo mar, sepolcrale isola, cime
lugubri alto surgenti, alto invocanti
delle rupi, o flegrei canti e compianti
densi di erranti strofe in bieche rime

porto di tombe pallide, sublime
cattedral di cipressi alto imploranti
sugli eroi, sui poeti e sugli amanti
l'amplesso eterno che ogni duol redime.

Voi tra i gorghi e le Sirti del mortale
sogno, al di là degli uragani, voi,
bianche rive di oblio, Tebe ideale,

Voi siete come la crescente voce
d'organo, immensa fra il tumulto, a noi,
fascino e calma nel tumulto atroce

(1900)



ELI! LAMMA SABACTHANI!

Tenebra di sepolcro. Biancheggiava
sotto la tenebria universale,
come un lembo lunar, la città prava.
Dall'arche i morti uscian: L'antemurale.

(1894)


LE MADRI

Tre sono. Circonfuse dal profondo
Inaccessibil Tenebror. Tre sono
e si chiaman "le Madri". Oscuro suono,
ignoto ai tempestosi echi del mondo.

Al di là di ogni spettro ed ombra, in fondo,
alla region del sotteraneo tuono,
seggono immote in sul terribil trono,
meduse ambigue, senza forma e pondo.

Esse, che uguali al Fato eterne stanno,
stringon la chiave del feral problema.
Non cominciaron mai, non mai cadranno;

Surgono immani, e forse a noi parventi
quando affondiam nell'agonia suprema;
Spavento esse avernal tra gli spaventi.

(1899)