Poesia Spagnola-Portoghese-Brasiliana


Per maggiori informazioni si può consultare l'antologia "Poeti dell'Età Barocca" volume 1 


Il maggior periodo creativo della cultura spagnola è stato tra il XVI e XVII secolo, definito "Siglo de oro".
è presente quindi una poesia sia rinascimentale che barocca, attraverso scuole quali la Salmantina (De Leon e De la Cruz) e la Sivilliana (Herrera) mentre il Barocco tragico si afferma con Gòngora e Quevedo mentre in Sud America troviamo il messicano De Balbuena, Suora Juana De la Cruz, De Ercilla, De Ona, in Colombia Camargo, in Equador De Evia, in Argentina De Tejeda, in Perù De Ayllon.

In Portogallo famosissimi sono Camões (autore del genere epico con i "Lusiadi", dedicato alle imprese di Vasco da Gama) e Da Cruz, che sviluppano il tema della Saudade, cioè la solitudine, il rimpianto, la malinconia.
Abbiamo poi De Melo, Gracian, Suor Violante Co Cèu e i brasiliani Gregorio de Matos, Teixeira, Ravasco e Oliveira.


HERNANDO DE HERRERA:

"IO VO PER QUESTA SOLITARIA TERRA"

Io vo per questa solitaria terra,
da antichi pensieri tormentato
fuggendo lo splendor del sol dorato
che dai suoi raggi puri mi disterra.

Il passo alla speranza mi si serra, da un'ardua vetta
a un bosco vo, intricato, con gli occhi ritornando
all'appartato luogo, solo principio di mia guerra
tanto ben mi ricorda la memoria,
tanto male mi mostra la presenza,
che vinto mi vien meno il cuore.

Spoglie crudeli della mia gloria,
sfiducia, oblio...


"VO SEGUENDO LA FORZA DEL MIO FATO"

Vo seguendo la forza del mio fato
per questo campo sterile e nascosto;
tutto tace e non cessa il mio lamento,
e piango la sventura del mio stato.
Cresce il cammino e cresce la mia pena,
che mai il mio dolore pone in oblio.
Termina benchè lungo, infine, il corso,
ma non ha fine il male prolungato che vale
contro un mal sempre presente
appartarsi e fuggir, se nel ricordo si imprime
dimostrando freschi segni?
Amor vola con me e non consente ch'io
oblii, a mio scorno, quella storia
che aperse la strada alle mie pene.



JUAN DE TARSIS Y PERALTA: "SILENZIO, NEL TUO SEPOLCRO DEPONGO"

Silenzio, nel tuo sepolcro depongo
roca voce, penna cieca, triste mano
al fin che il mio dolore
non canti invano
al vento dato e nell'arena scritto.
Tomba e morte d'oblio vo chiedendo,
benchè d'avvisi più che di anni bianco,
non altro che a ragion oggi m'arrendo
ed al tempo darò quanto mi tolgo.
Limiterò speranze e desideri e nell'orbe
di un chiaro disinganno
margini porrò brevi alla mia vita
alfin che non mi vincano gli agguati
di chi pretende procurar mio danno
e originò sì provvida partita.



FRANCISCO DE QUEVEDO VILLEGAS

"RAPPRESENTA LA BREVITà DI QUANTO SI VIVE"

Ieri è passato
domani non è giunto
oggi sen va senza fermarsi, un punto;
sono un fui,
un sarò
ed un è stanco.
Nell'oggi, nel domani, in ieri unisco
fasce e sudario e così rimango
presente successione di defunto.

Chiuder potrà i miei occhi l'ultima
ombra che mi reca il bianco giorno
e sciogliere potrà quest'alma mia
ora al desio ansioso lusinghiera...
... Non lascerà memoria, dove ardeva;
navigar sa la mia fiamma l'acqua fredda
perder rispetto a legge sì severa.



VIOLANTE DO CèU: "DECIMAS"

Cuore, non voglio più soffrire
poniamo fine ad ogni tormento
un disprezzo già subito
non può essere ripetuto.



BERNARDO VIEIRA RAVASCO: "GLOSSA A UN SONETTO"

Ho sperato e la speranza è morte amara,
solo forza d'amore puro può reggere
di dolorosa assenza il duro peso
che solo il nome d'amore diventa greve.
Mai mi sembrò speranza tanto grande
avere in cambio un tanto breve bene.
... Lacrime, che dagli occhi van cadendo
mai mi sembrò dolenti ore
causa del mal che ora sto soffrendo
allorchè sol nell'avervi avevo sostentamento
che voi avreste mutato tanto in fretta.



LUIS DE CAMõES : "I LUSIADI" CANTO III

Piansero gli alti monti e promontori
dei fiumi il letto si gonfiò di pianto
che per i campi dilagò fuori
inzuppando di lacrime ogni canto.
Fame delle vittorie, dei furori,
del suo grande valor diffusa è tanto
che chiaman sempre, nel suo regno invano,
"Alfonso, Alfonso" gli echi lontano.
Tu solo pur amor, col laccio forte,
che i cuori umani saldamente intrica,
sei stato la cagion della sua morte,
come se lei ti fosse aspra nemica.
Se dir si può che non c'è stato, O Sorte,
che tu risparmi nella tua fatica,
è, crudele amor, perchè, duro tiranno,
cerchi il sangue dell'uomo ed il suo danno.


In questi versi, invece viene descritta la morte di Inès:

Così d'Inès l'eburneo collo spezza
l'arma, contaminando la divina
forma, che vinto con la sua bellezza
aveva chi l'eleggerà regina.
Le spade macchia e il bianco sen l'asprezza
del sangue, mentre il capo ella reclina.


"SONETTO"

Muoia o perisca il giorno in cui io nacqui
e mai più il tempo a noi lo riporti,
e più non torni sul mondo e, se tornasse,
in quel punto il Sol abbia un'eclissi.
La luce gli manchi, il Sole gli si oscuri,
mostri il Mondo i segni della fine, nascano mostri
e piova sangue il cielo, madre più non conosca il proprio figlio.
La gente attonita e ignara, pallida e con le lagrime negli occhi
pensi che già il mondo va in rovina.
La gente timorosa non s'accori ch'oggi
dal Mondo si partì la vita
più disgraziata che giammai si vide!



GREGòRIO DE MATOS GUERRA
(1636-1695)

Traduzione di Marco Ponzi
Darkitalia.it


Oberato di me vado nel mondo,
Sulle mie spalle il peso del passato
E lungo il mio cammino inusitato
Il peso cresce e mi trascina a fondo.

Il rimedio sarà seguir l'immondo
Cammino, dove vedo molte impronte
Di animali che vanno audacemente,
Più del pensiero, anche il più profondo.

Non è facile viver tra i dementi,
Sbaglia chi crede di tutto capire
Se non conosce bene i propri danni.

Stanno in silenzio gli uomini prudenti,
E' meglio, in questo mondo tutto inganni,
Essere pazzi che sapienti e soli.


"RIFLESSIONE SUL GIORNO DEL GIUDIZIO FINALE UNIVERSALE"

La gioia del giorno attristato.
Il silenzio della notte turbato.
Lo splendore del Sole eclissato
e il lucore della Luna offuscato.
Rompa in un gemito tutto il creato:
che è di te, Mondo?
Dove ti sei fermato?
Se tutto in quell'istante
è ormai finito, tanto importa
il non essere quanto l'esser stato!
Suona la tromba della maggior altezza,
quella che ai vivi e morti reca avviso di sventura
agli uni e di ventura agli altri.
Termina il mondo perchè così deve essere.
Si levin i morti
e lascin la sepoltura,
perchè è giunto
Il Giorno del Giudizio!      



FRAY HORTENSIO PARAVICINO

"A DEGLI OCCHI NERI"

Ahi occhi!
Siete lame, benché nere,
di tempra toledana, che di sangue
delle anime arrossate, morte,
lasciate il corpo, strana mano,
terribil colpo e forte
che con nera spada
date morte.



RODRIGO CARO

"CANZONE ALLE ROVINE D'ITALIA"

Ma perchè la mente si diffonde nel cercar
al dolore nuovo argomento?
Basta esempio minor,
basta il presente...
Mostra del suo sepolcro
alcuni segni e scaverò
con lacrime le rocce
che celano il Sarcofago Santo...


****

Poesie del 1800:


AUGUSTO DE ANJOS
(traduzione di Marco Ponzi, Darkitalia.it)


Guardate! Chi vide il formidabile
funerale dell'ultima chimera?
Solo l'ingratitudine - pantera -
Unica compagna inseparabile!

Abìtuati: il fango già ti aspetta!
Uomo, sulla terra miserabile
abiti tra le bestie, così senti
necessità di essere una bestia.

Fuoco: la sigaretta che si accende.
Il bacio, amico, è gravido d'insulti,
la mano che accarezza poi ti offende.

Ferisci dunque quella mano vile,
se del tuo mal alcun cura si prende,
e sputa nella bocca che ti bacia!



Qualche verso di JUAN RAMON JIMENEZ:


"PATIO"

Silenzio
solo resta
odore di gelsomino,
l'unico uguale a un tempo,
a tante volte, poi,
caducità infinita!


"PIOGGIA D'AUTUNNO"

L'acqua lava l'edera
verdescura si frange l'acqua;
l'acqua lava la pietra...
e nel mio cuore ardente
piove, piove dolcemente.


"IL VINCITORE OCCULTO" (una delle mie preferite!)

Sto vivendo. Il mio sangue
sta consumando la bellezza.
Vivendo. Il mio duplice sangue
sta esalando tenerezza.
Sto vivendo. Il mio sangue
sta distillando coscienza.


"NOTTURNO" (bellissimo) *.*

La mia lacrima e la stella
si toccarono e all'istante
furono una lacrima sola,
una sola stella furono.
Rimasi cieco, rimase
cieco d'amore, il cielo.
Fu tutto - e nient'altro - il mondo
pena di stella, luce di lacrima.

Tra nuvole drammatiche, sorge,
sporca, l'Aurora.
tra nuvole drammatiche, sorge, sporca l'aurora
il levante? Il ponente? I confusi mulini
spettrali, chiusi, inutilmente girano
al vento malinconico del sud rattristato.
Valli fantasmagoriche, d'una vaga dolcezza
svelano, tra la nebbia, qualche gregge impreciso.
La rozza figuretta del pastore, su un rosso
vetro di cristallo, staglia il suo nero d'idillio
grigi borghi di pietra, cimiteri di gesso,
opachi, senza verde - oh, senza rose e nidi! -
... Un sole arduo che, lentamente, rivela
maggesi gialli,
campagne deserte...


"VIENE UNA MUSA LANGUIDA"

La luna, la dolce luna,
tinge di bianco gli alberi,
e, tra i rami, la fontana
alza un filo di diamante
silenziose, le stelle
tremano; lungi, il paesaggio
muove luci melanconiche,
latrati, lunghi lamenti.



MANUEL VAZQUEZ MONTALBAN, Poeta Spagnolo.

"L'UNO"

Sotto la pelle della palpebra
lo scenario si sommerge
perche la notte
complica la solitudine affonda
le facciate
si ritorna al primo istante
sorde le bocche
forse il pianto
in solitudine mai tanto solo il giorno
gli occhi muti
ciecamente mai tanto ciechi
si viveva il selvaggio assoluto dell'inizio
urgente
ogni cammino usciva dal labirinto
presentita
città senza al di là nel tempo
o in suo difetto
una riuscita ti annuciava perfetto
e le ombre erigevano paesaggi
strade molli e alberi sonori
nubi cariche di piogge dolci
sole di inverni menzogna dell'estate
oh città della pienezza
che cementavi speranze
negli dei e nei sogni.


ISABEL ARY DOS SANTOS (Poetessa Portoghese)

La comunicazione è
il superamento delle cicatrici
dissotterarci dal
nostro limite

soprattutto questo.



RAFAEL ALBERTI

Poesie tratte "Degli Angeli" (Einaudi)

"PARADISO PERDUTO"

Lungo il corso dei secoli
per il nulla del mondo
io che insonne ti cerco.
Dietro di me, impercettibile,
senza sfiorarmi gli omeri,
il mio angelo morto, in vendetta.
Dove sta il Paradiso
ombra che ci sei stata?
Mi risponde il silenzio.
Città senza risposta
fiumi senza parole, vette
senza echi, oceani muti.
Non sanno, uomini fissi,
in piedi, sulla sponda
delle immobili tombe.
M'ignorano tristi uccelli,
canti pietrificati,
sulle estatiche rotte,
ciechi. Non sanno nulla.
Antichi venti, senza sole,
inerti, con tante leghe
da fare, calcinati
si levano, ricadono
all'indietro, poco dicono.
Diluiti, un'informe
verità in sé, occultando,
fuggono da me i cieli.
Al limite terrestre
già sull'ultimo filo,
con lo sguardo che scivola.
Morta in me la speranza
in quel portico verde
cerco nei neri abissi.
O che traforo d'ombra!
Bulicame del mondo!
Confusione di secoli!
Indietro! Che spavento
di ammutolite tenebre!
Anima mia perduta!
Angelo morto, risvegliati!
Dove sei? su, illumina
col tuo raggio il ritorno.
Silenzio. Altro silenzio.
Senza battito i polsi
della notte infinita.
Paradiso perduto!
perduto per cercarti.
Senza luce, io, per sempre.


"L'ALBA DENOMINATRICE"

A spinte rosa e soavi, l'alba ti andava mettendo nomi:
sogno sbagliato, angelo senza uscita, bugia di pioggia
in un bosco.
Sulla soglia della mia anima che ricorda i fiumi
indecisa, fu in dubbio, immobile:
stella versata, luce confusa in pianto, cristallo senza voce?
no.
Errore di neve, nell'acqua, era il tuo nome.


"GIUDIZIO"

O sorpresa di neve discinta,
vigilante, invadente!
Voci velate, per rubare l'aurora.
Ti portano via detenuta.
Già la sentenza della luce annega il suo grido
giudice d'ombra, nel tuo nulla
(e nel mondo fu spenta una stella
e un'altra, nell'infinito)


"MADRIGALE SENZA RIMEDIO"

Poichè alfine ti perdettero fuochi tristi
e fumi lenti vegliarono,
negarono il castello, niveo carcere,
dove la rosa scorda i suoi fantasmi,
il mio cuore senza voce, né battaglioni
muove solo all'assalto
di quelle luci, specchi di cenere,
che conducono a un morto sud di morti.
Guarda il suo petto asceso in due fiumi
d'acqua e di sangue verso il tuo
già bruciato da vuoti tizzoni facili,
falsi, fiore, pena mia, senza rimedio.


"L'ANGELO FALSO" (qualche verso)

... Ci son ragni che agonizzano senza nido
e edere che al contatto di un omero s'infiammano e piovono sangue.
La luna fa trasparente lo scheletro delle lucertole.
... Perchè camminare ancora?
Le umidità sono intime dei vetri a punta
e dopo un brutto sogno
la brina ridesta chiodi
o forbici capaci di gelare il lutto dei corvi.


"CASTIGHI" (qualche verso)

E quando golfi e baie di sangue
coagulati d'astri defunti e vendicativi
inondano i sogni.
... Quando sanno di zolfo i venti
e le bocche notturne di osse, di vetro e di fil di ferro.

...

All'avvento del freddo nei sogni che si trascurano
ai precipizi della morte sopra lo scheletro del nulla.



RODOLFO J. WILCOCK (autore nato a Buenos Aires)

Poesie tratte da " LA PAROLA MORTE"

Orrido e gola senza anfratti
con solo il vento che non muove
nulla dove nulla si muove,
senza animali, né vegetali,
buio nel buio siderale,
che a un tratto inondano luce gioiosa
umide piante colorate,
fauna gentile agli occhi umani.
La metamorfosi è verbale.
Non altrimenti le parole
che fanno della morte vita
e della vita morte possono
fare di questa luce gioiosa
e umide piante colorate
e fauna cara agli occhi umani,
buio nel buio siderale,
senza animali né vegetali,
con solo il vento che non muove
nulla dove nulla si muove
orrido e gola senza anfratti.


Un ampio vuoto curvo
di diametro infinito
una sfera il cui centro
si trova in ogni punto,
percorsa da molecole
fatte da atomi vuoti
contenenti elettroni
i quali non si trovano
mai in un dato luogo.
Ciò gira e si dimena
nel nulla circolare
e tutto si interpenetra
nei millenni istantanei
slittando sulle linee
di forza immaginarie
senza mai uno scontro
né un'azione a distanza.
Uomo, di questo nulla
girevole sei fatto
che non conosce morte
perchè è una salma vuota.


Pensa all'orrore, se tu vivessi di,
nel sussulto rabbioso di un linguaggio,
vedere il nulla separarsi in ore
e in quelle ore riaperte sistemarsi
la vecchia plebe delle sensazioni
che ritornate parole e memoria
ti invadono come topi morsicatori
fanno gli zingari dentro di te accampati,
mandano messaggeri per tutti gli arti,
piantano tende nei tuoi momenti sfitti
litigano o si scelgono governi
per proclamare in tua rappresentanza
che tra non molto ti farai sentire,
anzi fin d'ora sei pronto a unirti agli altri,
come te presi dal sussulto rabbioso
come te trascinati nella danza
che nella bara speravi di eludere.



ANTONIO PATRICIO

"CHE COS'è VIVERE?"

Vivere è solo sentire come la Morte cammina
e come la Vita la vuole e come la Vita la chiama...
Vivere, principessa mia poverina
è questa morte triste di chi ama.


MANUEL LARANJEIRA

"LA TRISTEZZA DI VIVERE"

Ansia di amare! Oh, ansia di vivere!
Un'ora solo che sia, ma vissuta
e soddisfatta... e si può morire
perchè si muore benedicendo la vita!

Ma quest'ora suprema in cui si vive
quanto si possa sognare di fortuna
oh, vita ingannevole, oh, vita impura,
l'ho attesa, l'ho attesa e mai l'ho avuta!

E quanti come me l'han desiderata!
E quanti come me mai l'hanno avuta
un'ora d'amore come l'han sognata!

In quanti occhi tristi io ho letto
la disperazione di quelli che non hanno vissuto
questo sogno di amore incompreso!


FEDERICO GARCìA LORCA


I famosi "Sonetos del amor obscuro" sono un vivo e tormentato monumento all'amore ed esprimono l'inquietudine sofferta di un sentimento fonte di dolore e passione, di gioia e disperazione allo stesso momento.
è l'amore come fonte di dolore e di una vita percepita nel riferimento della morte e dell'amore, Thanatos ed Eros.
Il poeta, convinto antifascista, fu arrestato dalla polizia franchista e venne ucciso nel 1936.
 

"Piaghe d'amore"

La luce, questo fuoco che divora.
Questo paesaggio grigio che m'attornia.
Questa pena per una sola idea.
Quest'angoscia di cielo, terra e d'ora.

Questo pianto di sangue che decora
lira senza timbro, torcia senza presa.
Questo peso del mare che mi frusta.
Questo scorpione che attende entro di me.

Ghirlanda d'amore, letto di ferito
sono e di insonne, sogno la presenza
tua nel fondo in rovina del mio petto;

e se ricerco una vetta di prudenza
il tuo cuore mi dà una valle densa
di cicuta e passione d'aspra scienza.


"Sonetto della lettera"

Viscere mie, amore, viva morte,
invano aspetto una lettera da te
e penso, con il fiore che appassisce,
di perderti se vivo senza me.

L'aria è immortale è sta inerte la pietra
che non conosce l'ombra, non la elude.
Profondo il cuore non richiede il miele
ghiacciato che è versato dalla luna.
[...]
Lasciami alla serena notte
dell'anima che eterna dura oscura.


"Sonetto gongorino con cui il poeta invia al suo amore una colomba"

[...] Scorri la mano sopra quel biancore
e vedrai quale nivea melodia
spargerà in fiocchi sulla tua bellezza.

Con il mio cuore notte e giorno chiuso 
nel tetro carcere d'amore piange,
senza vederti, di malinconia.


"Notte dell'amore insonne"

Notte alta, noi due e la luna piena
(...) Notte bassa, noi due. Cristallo e pena,
piangevi tu in profonde lontananze.
La mia angoscia era un gruppo di agonie
sopra il tuo cuore debole di sabbia.

L'alba ci ricongiunse sopra il letto,
le bocche su quel gelido fluire
di un sangue che dilaga senza fine.

Penetrò il sole la veranda chiusa
e il corallo della vita aprì i suoi rami
sopra il mio cuore nel sudario avvolto.


"Il ritorno"

Io torno
con le mie ali.
Lasciatemi tornare indietro!
Voglio morire essendo
alba.
Voglio morire essendo 
ieri!
(...)


"In basso"

Lo spazio stellato
si riflette in suoni.
Liane spettrali.
Arpa labirintica.


"Memento"

Quando moriremo
ci porteremo via
una serie di immagini
del cielo.
(Cieli d'alba
e cieli notturni)
Anche se m'hanno detto
che da morti
non si ha
altro ricordo
che quello di un cielo d'Estate,
un cielo nero 
battuto
dal vento.