James MacPherson "I Canti di Ossian"


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Il 27 ottobre 1736 James Macpherson nasce a Ruthven, contea di Inverness, nel regno dei Lochs, Scozia settentrionale.
Nel 1758 pubblica un poema  intitolato "The Highlander" ("L'uomo degli altipiani") che rimane pressoché ignorato. Seguono altre raccolte di versi; l'autore intraprende anche la traduzione libera di poesie popolari scozzesi tramandate nelle Highland. è sospinto a questa impresa da una conoscenza almeno approssimativa della lingua gaelica e dai vivaci interessi della cultura scozzese per la poesia primitiva.
La vera fortuna delle poesie raccolte e tradotte/riscritte da Macpherson, e ispirate al leggendario bardo Ossian, l'Oisin della tradizione irlandese, comincia quando vengono sottoposte al drammaturgo John Home, fine cultore di antichità gaeliche. Home rimane affascinato dal manoscritto e lo presenta a Hugh Blair, professore di retorica a Edimburgo. Sotto il patrocinio di Blair, Macpherson dà alle stampe una prima raccolta di poesie ossianiche, col titolo "Fragments of ancient poetry collected in the highlands of Scotland and translated from the Gaelic or Erse Language" ("Frammenti di poesia antica raccolti negli altipiani di Scozia e tradotti dalla lingua gaelica"). Il volume ha un'accoglienza strepitosa e Macpherson compone anche il poema "Fingal, an ancient epic in six books" e lo pubblica nel 1762. L'anno successivo esce il seguito, "Temora". Intanto, in Italia Cesarotti traduce "Le Poesie di Ossian". Da qui in poi James Macpherson viene considerato colui che ha scoperto "l'Omero del Nord", il bardo Ossian. L'opera completa "The Poems of Ossian" esce nel 1765; l'opera viene presentata come una traduzione dalla lingua gaelica e corredata di note esegetiche, pseudo-filologiche e toponomastiche con l'intenzione di comprovare l'autenticità degli scritti, composti da un supposto bardo, Ossian, figlio di Fingal o Finn che si suppone vissuto nel III secolo d.c. In realtà le poesie traggono origine, parziale, dalla tradizione del folklore scozzese e hanno un riscontro in un gruppo di manoscritti che vanno dal XII al XVI secolo, sia scozzesi che irlandesi; Macpherson fonde due eroi culturali, l'uno dei quali, Finn, appartiene sia alla tradizione gaelica che a quella celtica e irlandese, mentre l'altro, Cuchulain è irlandese.
Nel 1773 l'opera è già supportata entusiasticamente da Gray, Hume, Percy, Walpole, Diderot, Cesarotti, Herder, Goethe e poi ancora, successivamente, da Alfieri, Foscolo, Leopardi, Schiller, provocando una vera e propria "moda ossianica" (*) a cui non si sottrarrà quasi nessun poeta. C'è da dire che qualcuno (Johnson) intuisce che si tratti di una frode, e denuncia l'opera di Macpherson come un falso. Ma questo non incrimina minimamente il successo dell'opera.
In effetti, le poesie di Ossian sembrano sopperire alla dimostrazione dell'esistenza di una grande poesia epica e primitiva che si colloca al di fuori e persino in antitesi all'area greco-romana, una poesia che avvalora il culto dell'immaginazione e con essa la convinzione diffusa di una natura primitiva. C'è anche da far notare che l'opera di Macpherson risponde alle istanze della cultura scozzese e alle tendenze nazionalistiche.
Volgendo lo sguardo agli oscuri abissi delle antichità nordiche, alle gelide lande della Scozia e dell'Irlanda, ai fiordi e alle scogliere della Norvegia, della Svezia, dello Jutland, rivissuti e immaginati sugli atlanti di antiche memorie, Macpherson incontra il mitico bardo Ossian, malinconico cantore di gesta e di eroi che sono scomparsi da tempo.
Il senso della lontananza, della immemore fuga del tempo, viene raddoppiato e le storie di Fingal si ammantano di quella vaga e brumosa malinconia, della coscienza di quel lento e inesorabile vanificarsi del tutto che costituiscono le componenti basilari della sensibilità romantica. è uno scenario orrido e selvaggio contro cui nulla possono gli strumenti della ragione.
In questo universo patetico la morte assume uno straordinario rilievo rituale che toglie vigore alla vita stessa percepita come ricordo, memoria, riflesso sentimentale. Per questo gli eroi ossianici sembrano prepararsi costantemente alla morte più che alla conquista o alla guerra.


(*) Qualche commento "ossianico":

"Vecchi bardi runici sembreran levarsi attorno
con rozze lire e tuniche di molti colori,
le arruffate chiome incoronate di fantastiche rame" (W. Collins)

"L'immaginazione dimorava in tutto il suo splendore, secoli e secoli fa, sulle montagne gelide e desolate della Scozia... essa regna in tutte le nascenti società degli uomini, là dove le angustie dell'esistenza sospingono il singolo a pensare e ad agire per se stesso" (Thomas Gray)

"Ritrovarono la loro propria sciagura nel destino
di nobili eroi..." (W. Goethe)

"Cuchulain si scosse,
fissò i cavalli del mare, e udì
i carri di battaglia, e gridare il proprio nome;
e combatté con la marea invulnerabile" (W.B.Yeats)

"L'immaginazione ha un tal potere sull'uomo (dice Villemain... in proposito del generale entusiasmo destato dai canti ossianici al lor comparire, ed anco al presente)" (Leopardi)


Nota di Lunaria: riporto qualche stralcio, col testo originale... devo dire che mi diventa difficile selezionare i passaggi più belli perché tutta l'opera è semplicemente perfetta, va gustata nella sua interezza... per cui invito il lettore/lettrice a cercare il libro integrale (è raro da trovare in biblioteca, comunque tentate...)
Personalmente non solo credo che "Le Poesie di Ossian" possa rientrare nel genere della poesia epica, con i suoi guerrieri "del nord" e il clangore delle battaglie e dei caduti sui campi, il cozzare dei brandi e degli scudi, ma anche, e forse soprattutto, l'opera di Macpherson acquista una valenza panteistica, un un lirismo paganeggiante, per citare l'espressione usata da Francis Conte nel commento al "Lamento di Jaroslavna" (che, in un certo senso, potrebbe rappresentare il prodromo all'Estetica Macphersoniana espressa nei Canti di Ossian, vedi qui: http://deisepolcriecimiteri.blogspot.it/2017/08/il-lamento-di-jaroslavna-un-lirismo.html): la Natura orrida, aspra, selvaggia, incontaminata, il vento mugghiante, le aquile dalle ali possenti, la bruma, i raggi di luna sui laghi, le superbe montagne e foreste, evocate e menzionate costantemente per tutto il libro, in praticamente tutte le pagine, quasi mettono al secondo posto i singoli personaggi monologanti perché al centro della vicenda non sono (solo) le misere - e destinate all'oblio - vite umane, ma anche e soprattutto questa perenne, eterna, indomabile e incontaminata Natura che incombe sui singoli destini umani, i nostri, noi sì, destinati a perire. Per sintetizzare il mondo ossianico degli avi e della Natura indomabile, e condensarlo in una frase-manifesto, estrapolerò una citazione, presa da "Carric-thura": "Portami lo scudo di tuo padre, il possente e ferrato scudo di Rinval; quello scudo che assomiglia alla luna piena allor che fosca si muove in cielo" (Bring me thy father's shield; the bossy, iron shield of Rinval; that shield like the full-orbed moon, when she moves darkened through heaven): sangue, passato, presente tragico, il tutto illuminato per un istante dalla fosca luna piena.

Infine, vorrei suggerire due cd che mi paiono perfetti per "incarnare in musica" le atmosfere ossianiche: "Dark Medieval Times" e "Nemesis Divina" della Black Metal band Satyricon.








Una storia dei tempi che furono!
Perché tu, invisibile pellegrina; tu, che pieghi il cardo selvatico di Lora; perché tu, brezza della valle, hai abbandonato il mio orecchio? Non odo più il rombo lontano dei torrenti! Né il suono dell'arpa giù dalla collina! Vieni, Malvina, cacciatrice di Lutha, e riconduci al bardo la sua anima.

A tale of the times of old!
Why, thou wanderer unseen; thou bender of the thistle of Lora; why, thou breeze of the valley, hast thou left mine ear? I hear no distant roar of streams! No sound of the harp, from the rock! Come, thou huntress of Lutha, Malvina, call back his soul to the bard.

***

Nel mugghiare dei venti, disuguale prorompe il sussurro dei canti. Ampia su di loro sorse la Luna!
Si fece avanti armato l'alto Duth-maruno; veniva costui, torvo cacciatore di cinghiali, dalla rocciosa Croma. Nella sua scura nave si levava sui flutti, quando Crumthormo svegliò i suoi boschi. Sfavillava nella caccia, fra i nemici: ti era ignota la paura, Duthmaruno!

Unequal bursts the hum of songs, between the roaring wind.
Broad over them rose the moon!
In his arms came tall Duth-maruno; he from Croma of rocks, stern hunter of the boar. In his dark boat he rose on waves, when Crumthormo awaked its woods. In the chase he shone, among foes; no fear was thine, Duth-maruno!


***

"Torcul-torno dalle antiche chiome!", ella disse, "dove ti aggiri sulle sponde di Lulan? Tu cadesti presso i neri flutti del tuo stesso rivo, padre di Corban-cargla! Ma io talora ti scorgo, capo di Lulan, muovere presso la sala di Loda, quando la notte dall'oscura veste si svolge in cielo. Talora nascondi la luna con lo scudo. L'ho vista ottenebrarsi in cielo."

"Torcul-torno of aged locks!", she said, "where now are thy steps, by Lulan? Thou hast failed, at thine own dark streams, father of Corban-cargla! But I behold thee, chief of Lulan, sporting by Loda's hall, when the dark-skirted night is rolled along the sky - Thou, sometimes, hidest the moon with thy shield. I have seen her dim, in heaven."


***

U-Thorno, che sorgi sulle acque sul cui fianco sono le meteore della notte! Scorgo l'offuscata Luna che cala dietro i boschi sonanti. Sulla tua vetta dimora la brumosa Loda: la casa degli spiriti degli uomini!

U-Thorno, that risest in waters! On whose side are the meteors of night! I behold the dark moon descending behind thy resounding woods. On thy top dwells the misty Loda: the house of the spirits of men!

***

Se ella muoveva il passo nella landa, il suo seno appariva più candido della cana, e sulla spiaggia battuta dal mare più bianco della spuma delle onde che si rovesciavano. Due stelle luminose erano i suoi occhi. L'arcobaleno che in cielo traluce dopo la pioggia era il suo volto. Attorno ad essi fluivano le nere chiome, simili a grondanti nubi. Eri l'abitatrice degli animi, Strina-dona dalle bianche mani!

If on the heath she moved, her breast was whiter that the down of Cana, if on the sea-beat shore, than the foam of the rolling ocean. Her eyes were two stars of light. Her face was heaven's bow in showers. Her dark hair flowed round it, like the streaming clouds. Thou wert the dweller of souls, white-handed Strina-dona!


***

Da dove sgorga il fiume degli anni? Dove vanno sparendo? In quale bruma hanno celato i variopinti fianchi?
Guardo ai tempi che furono, ma incerti sembrano gli occhi di Ossian, come riflessi raggi di luna su distante lago. Qui sorgono rossi raggi di guerra!

Whence is the stream of years? Whither do they roll along? Where have they hid, in mist, their many-coloured sides?
I look into the times of old, but they seem dim to Ossian's eyes, like reflected moon-beams, on a distant lake. Here rise the red beams of war!


***


Melilcoma ("occhi che si volgono languidi")

Rapida scende la notte, fanciulla dagli occhi azzurri! La grigia notte si fa scura nella pianura.

Night comes apace, thou blue-eyed maid! Grey night grows dim along the plain.

***


Comala:

O Carun dei rivi! perché vedo le tue onde rotolare nel sangue? Ormai si è spento il fragore della battaglia, il re di Morven dorme? Sorgi, o Luna, figlia del Cielo, esci di fra le nubi.

O Carun of the streams! Why do I behold thy waters rolling in blood? Has the noise of the battle been heard; and sleeps the king of Morven? Rise, Moon, thou daughter of the sky!


***

Desargrena:

Questi sono i segni della morte di Fingal. Il re degli scudi è caduto e Caracul vince. Alzati, Comala, dalla tua rupe, figlia di Sarno, alzati piena di lacrime! Il giovane del tuo amore è caduto, il suo spettro è sulle nostre colline.

These are the signs of Fingal's death. The King of shields is fallen! And Caracul prevails. Rise Comala, from the rock. Daughter of Sarno, rise in tears! The youth of thy love is low. His ghost is on our hills.

*** 

Hidallan:

Ristagna bruma del fosco Crona, ristagna sul sentiero del Re! Cela i suoi passi ai miei occhi, così che non rimembri ancora l'amico; le squadre della battaglia sono perse, i passi più non si affollano attorno al fragore del suo brando, o Carun, rotola i tuoi flutti di sangue, caduto è il Re delle genti!

Dwell, thou mist of gloomy Crona, dwell on the path of the King! Hide his steps from mine eyes, let me remember my friend no more, the bands of battle are scattered, no crowding tread is round the noise of his steel. O Carun! Roll thy streams of blood, the chiefs of the people is low.

*** 

Melilcoma:

Scendete dall'alto, voi leggere brume, e voi, raggi di Luna, sollevate la sua anima! Pallida giace la fanciulla presso la rupe! Comala non è più!

Descend, ye lights mists from high! Ye moon, beams lift her soul! Pale lies the maid at the rock! Comala is no more!

***

La morte di Cuthullin:

Perché sei così tenebroso, Slimora, con i tuoi boschi silenziosi? Non balugina stella a te da sommo. Non un raggio di Luna rischiara il tuo fianco. Ma ci sono meteore di morte, e grigie acquoree forme di fantasmi. Perchè sei così tenebroso Slimora, con i tuoi boschi silenziosi?

Why art thou dark, Slimora! With thy silent woods? No star trembles on thy top. No moon beam on thy side. But the meteors of death are there: the grey watery forms of ghosts. Why art thou dark, Slimora! With thy silent woods?

***


Carric-thura.

Si levò la dolce musica. Nella sala splendeva la letizia. S'udì la voce di Ullin e si suonò l'arpa di Selma. Utha si rallegrò nel vederlo e chiese il canto del dolore; lacrima turgida le pendette dall'occhio quando parlò la dolce Crimora. Crimora, la figlia di Rinval che dimorava presso le ruggenti acque di Lotha.

The soft sound of music arose. Gladness brightned in the hall. The voice of Ullin was heard; the harp of Selma was strung. Utha rejoiced in his presence, and demanded the song of grief; the big tear hung in her eye, when the soft Crimora spoke. Crimora the daughter of Rinval, who dwelt at Lotha's roaring stream!

***


Fosco è l'autunno sulle montagne; le grigie brume si posano sulle colline. Sulla landa s'ode il turbine. Oscuro rotola il fiume nell'angusta piana. Un albero s'erge solo sul poggio ad indicare dove dorme Connal. Le foglie vanno turbinando con il vento e coprono la tomba dell'eroe defunto. Talora qui si scorgono gli spettri dei morti, allor che il cacciatore solo e pensoso incede lento sul prato [...] Sanguina Connal e muore! Ella grida tutta la notte e tutto il giorno appresso, "O Connal amore mio, amico mio!" Muore di dolore la fanciulla triste e piangente. Qui, sulla collina, la terra racchiude la più bella coppia. Cresce l'erba fra le pietre della tomba, sovente mi siedo a quella triste ombra. Sospira il vento fra l'erba; alla mente torna la loro memoria. Ormai dormite indisturbati insieme; nella tomba del monte riposate soli.

Autumn is dark on the mountains; grey mist rests on the hills. The whirlwind is heard on the heath. Dark rolls the river through the narrow plain. A tree stands alone on the hill, and marks the slumbering Connal. The leaves whirl round with the wind, and strew the grave of the dead. At times are seen here the ghosts of the departed, when the musing hunter alone stalks slowly over the heath.
[...] He bleeds; her Connal dies! All the night long she cries, and all the day. "O Connal, my love and my friend!" With grief the sad mourner dies! Earth here incloses the loveliest pair on the hill. The grass grows between the stones of the tomb; I often sit in the mournful shade. The wind sighs through the grass; their memory rushes on my mind. Undisturbed you now sleep together; in the tomb of the mountain you rest alone!

***

Vinvela ("Donna dall voce meravigliosa")

Allora sei già partito, O Shilric! Sono sola sulla collina! Si scorgono i cervi sul ciglio, che pascolano senza timore. Non paventano più il vento, né l'albero frusciante. Lontano è il cacciatore. Egli è nel campo delle tombe. Stranieri figli delle onde, risparmiate il mio dolce Shilric!

Then thou art gone, O Shilric! I am alone on the hill! The deer are seen on the brow void of fear they gaze along- No more they dread the wind; No more the rustling tree. The hunter is far. Removed! He is in the field of graves. Strangers! Sons of the waves! Spare my lovely Shilric!


***

Shilric:

Se cadrò sul campo, eleva alta la mia tomba, Vinvela. Grigie pietre e ammassata terra serberanno il mio ricordo in tempi a venire.

If  fall I must in the field, raise high my grave, Vinvela, grey stones and heaped-up earth shall mark me to future times.

***

Vinvela:

Sono sola, O Shilric, sola nella casa dell'Averno. Caddi di dolore per te esangue giaccio nella tomba.

Alone I am, O Shilric! Alone in the winter house, with grief for thee I fell, Shilric. I am pale in the tomb.

***

I Canti di Selma; Colma:

è notte; abbandonata sul colle delle tempeste. S'ode il vento nella montagna, il torrente scroscia dalla rupe. Non un tugurio mi ripara dalla pioggia. Abbandonata sul colle dei venti. Sorgi Luna, da dietro le nubi. Stelle della notte. sorgete!

It is night; I am alone, forlon on the hill of storms. The wind is heard in the mountain. The torrent pours down the rock. No hut receives me from rain forlorn on the hill of winds. Rise moon! From behild they clouds, stars of night, arise!

***

Armi, Re di  Gorma:

Triste son io. Né tenue è la causa del mio dolore! Carmor, tu non hai perduto un figlio né figlia, in sua vaghezza. Vive il prode Colgar e Annira, bellissima fanciulla. Sorgete venti dell'autunno, sorgete; soffiate sulla landa! Muggite torrenti, delle montagne! Muggite tempeste, nei boschi delle mie querce! Incedi fra le frante nubi, o Luna, mostra di tanto in tanto la tua pallida faccia!  

Sad I am! Nor small is my cause of woe! Carmor, thou hast lost no son, thou hast lost no daughter of beauty, Colgar the valiant lives and Annira fairest maid. Arise, winds of autumn, arise; blow along the heath! Streams of the mountains roar! Roar tempests, in the groves of my oaks! Walk-through broken clouds, O Moon! Show thy pale face an intervals!

***

Fingal:

Come le ombre oscure dell'autunno volano sulle colline erbose, così i condottieri delle foreste risonanti di Lochlin avanzarono torvi e cupi. Il Re come il cervo maestoso di Morven li seguiva. Lo scudo gli balenava al fianco, come una fiamma sulla brughiera nella notte, quando il mondo è oscuro e silente ed il viandante scorge un'ombra tenebrosa vagare nella semi oscurità. Le colline ne sono fiocamente illuminate e fanno intravedere le loro querce.

As the dark shades of autumn fly over hills of grass: so gloomy, dark, successive come the chiefs of Lochlin's echoing woods. Tall as the stag of Morven moved stately before then the King. His shining shield is on his side, like a flame on the heath at night. When the world is silent and dark and the traveller sees some ghosts sporting in the beam! Dimly gleam the hills around, and shew indistinctly theirs oaks.

*** 

Deugala:

La mia ombra esangue vagherà accanto a te e la ferita del mio orgoglio piangerà. Spargi il sangue di Cuthullin, o trafiggimi il petto.

My pale ghost shall wander near thee and mourn the wound of my pride pour out the blood of Cuthullin or pierce the heaving breast.

***

Carthon:

Da allora non ho più visto il Clutha, né Moina dalle nere chiome. Ella morì a Balclutha, poichè ne ho visto il fantasma. La riconobbi mentre incedeva nell'oscura notte, lungo il mormorante Lora: era simile alla Luna nuova quando appare attraverso addensate brume.
Allor che il cielo riversa la neve a larghe falde, e il mondo resta oscuro e silente.

Nor Clutha ever since have I seen nor Moina of the dark brown hair. She fell in Balclutha, for I have seen her ghost. I knew her as she came through the dusky night, along the murmur of Lora: she was like the new moon, seen through the gathered mist, when the sky pours, down its flaky snow, and the world is silent and dark.

 

"I Canti di Ossian" nella traduzione di Cesare Melchiorre

Carthon:

Storie de' prischi tempi e forti fatti
il mormorio delle tue onde, O Lora,
mi risveglia nell'alma; e dolce, O Garma,
è a quest'orecchio de' tuoi boschi il suono.
Malvina, vedi tu quell'erta rupe
che al cielo innalza la petrosa fronte?
Tra pini antichi cogli annosi rami
vi pendon sopra, e dal suo piè verdeggia
pianura angusta. Ivi germoglia il fiore
della montagna, e va scotendo al vento
candida chioma; ivi soletto stassi
l'ispido cardo: due muscose pietre
mezzo ascoste sotterra ai riguardanti
segnan quel luogo [...]

Al lido venne Moina, e mi seguia cogli occhi
rossi di pianto, e verso me volava
sparsa al vento la chioma; io ne sentia
le amare strida [...] io la conobbi
mentre veniane per l'oscura notte
lungo il fremente Lora, e parea Luna
testé rinata, che traluce in mezzo
di densa nebbia, allor che giù dal cielo
fiocca spessa la neve in larghe falde,
e'l mondo resta tenebroso e muto.

[...]

Mortali punte
scesero al cuor di Clessamorre: ei cadde
muto sul figlio. Tenebror si sparse
su tutta l'oste; non sospir, non voce
sentirsi in Lora; uscì la notte, e fuori
delle nubi la Luna in Oriente
gettò gli sguardi sul campo del pianto [...]


"I Canti di Selma"

è notte: io siedo abbandonata e sola
sul tempestoso colle: il vento freme
sulla montagna e romoreggia il rivo
giù dalle rocce, né capanna io veggo
che dalla pioggia mi ricovri: Ahi, lassa!
Che far mai deggio abbandonata e sola
sopra il colle de' venti? Luna, o luna,
spunta dalle tue nubi, uscite, o voi
astri notturni [...]
Ah per pietà dalla collina ombrosa,
ah dalla cima dell'alpestre rupe,
parlate, ombre dilette, a me parlate [...]
Misera! Io siedo nel mio duolo immersa
fra le lagrime mie, fra i miei sospiri
ed attendo il mattino [...]
Qui poserommi a' miei diletti accanto,
lungo il ruscel della sonante rupe.
Quando sul colle stenderà la notte
le negre penne, quando il vento tace
su l'erte cime, andrà 'l mio spirto errando
per l'amato aere, e dolorosamente
piangerò i miei diletti [...]
Veggo l'annoso capo a terra chino,
e lagrimoso gli rosseggia il guardo.

Scorrete, anni di tenebre, scorrete,
ché gioia non mi reca il corso vostro.
S'apra ad Ossian la tomba, or che gli manca
l'antica lena: già del canto i figli
riposan tutti: mormorar s'ascolta
sol la mia voce, come roco e lento
mugghio di rupe che dall'onde è cinta,
quando il vento cessò: la marina erba
colà sussurra, ed il nocchier da lunge
gli alberi addita e la vicina terra.


"Daura e Arindàl"

Oh sorgete, soffiate impetuosi, venti d'autunno, su la negra vetta; nembi, o nembi, affollatevi, crollate l'annose querce; tu, torrente, muggi per la montagna, e tu passeggia, o Luna, per torbid'aere, e fuor tra nube e nube mostra pallido raggio, e rinnovella alla mia mente la memoria amara di quell'amara notte, in cui perdei i figli miei diletti, in cui cadero il possente Arindàl, l'amabile Daura.
O Daura, o figlia, eri tu bella, bella come la Luna sul colle di Fura, bianca di neve e più che auretta dolce. Forte, Arindallo, era il tuo arco, e l'asta veloce in campo; era a vapor sull'onda simil l'irato sguardo , e negra nube parea lo scudo in procelloso nembo.
Sen venne Armiro il bellicoso, e chiese l'amor di Daura, né restò sospeso lungo tempo il suo voto, e degli amici bella e gioconda rifioria la speme. Fremette Erasto, ché il fratello ucciso aveagli Armiro, e meditò vendetta. Cangiò sembianze, e ci comparve innanzi come un figlio dell'onda: era a vedersi bello il suo schifo, la sua chioma antica gli cadea su le spalle in bianca lista; avea grave il parlar, placido il ciglio. "O più vezzosa tra le donne", ei disse "Bella figlia d'Armin, di qua non lunge sporge rupe nel mar, che sopra il dorso porta arbuscel di rosseggianti frutta. Ivi l'attende Armiro; ed io men venni per condurgli il suo amor sul mare ondoso". Credé Daura, ed andò: chiama, non sente che il figlio della rupe: "Armir, mia vita, amor mio dove sei? Perchè mi struggi di tema il core? O d'Adanarto figlio, odi, Daura ti chiama". A queste voci, fugginne a terra il traditore Erasto con ghigno amaro. Essa la voce inalza, chiama il fratello, chiama il padre: "Armino padre, Arindallo, alcun non m'ode? Alcuno non porge aita all'infelice Daura?". Passò il mar la sua voce; odela il figlio. Scende dal colle frettoloso, e rozzo in cacciatrici spoglie; appesi al fianco strepitavano i dardi, in mano ha l'arco e cinque cani ne seguian la traccia. Trova Erasto sul lido, a lui si avventa e l'annoda a una quercia; ei fende invano l'aria di strida.
Talor del monte la notturna auretta. Alfin, già vinta da stanchezza e duolo, cadde spirando, e te, misero Armino, lasciò perduto; ahi, tra le donne è spenta la mia baldanza e la mia possa in guerra. Quando il settentrion l'onde solleva, quando sul monte la tempesta mugge, vado a sedere sopra la spiaggia, e guardo la fatal roccia: spaziar li miro mezzo nascosti tra le nubi, insieme dolce parlando "Una parola, o figli, pietà, figli, pietà!" Passan, ne'l padre degnan d'un guardo. Sì, Cramòr, son mesto, né leve è la cagion del mio cordoglio. 




Jean-Auguste-Dominique Ingres "Il sogno di Ossian" (1813)