Poesia Irlandese


Qualche verso di Antica Lirica Irlandese...! con qualche notizia storica:

La poesia in lingua antico-medio-irlandese ebbe il suo sviluppo tra i secoli VI e XII, e la sua maggiore espressione tra i secoli VII, VIII, e IX.

La poesia era affidata ai Filìd, i poeti di rango, (più potenti dei baird, i bardi, in quel periodo);
insieme ai druidi avevano un ampio potere e prestigio.

Quando la religione cristiana prese il sopravvento su quella romana (e i drudi persero progressivamente potere) i Filìd ereditarono il compito di fungere da baluardi dell'antica memoria storica.
Gli stessi filìd erano divisi in corporazioni, e la letteratura "pagana" continuò ad essere tutelata e trasmessa proprio dai Filìd, in ambito aristocratico.

Quando il cristianesimo, nella sua avanzata, "cancellava" il grande patrimonio mitologico, epico e lirico dei Goidel (i Gaeli), accanto ai monasteri, persistevano anche "le scuole druidiche" in un clima spesso di concorrenza ma anche di "sollecitazione" e scambio culturale; Da questo incontro ebbe origine il cristianesimo celtico, espresso tanto in lingua irlandese che latina.

Tuttavia la Chiesa Romana non vedeva di buon occhio questo "sincretismo" tra cristianesimo ed elementi druidici,
così fece il possibile per scongiurare questo "nemico".
Tuttavia, fino alla conquista normanna (secolo XIII) si riuscì a mantenere in vita questo sincretismo tra mondo celtico e cristiano.

Quando gli eserciti anglo-normanni riuscirono a imporre un sistema feudale, anche nei monasteri furono aboliti alcuni aspetti più tipici del monachesimo celtico, e la corporazione dei Filìd venne soppressa.

Esisteva anche una scrittura druidica, l'alfabeto Ogam, ma era troppo poco pratico per un uso diverso da quello per cui era nato:
l'incisione di poche parole sugli spigoli delle pietre funerarie e cerimoniali e sulle cortecce degli alberi sacri.

Da notare come nei canti monastici, ci sia una visione panica di Dio, chiamato Debrath e Choimmdiu, che offriva rifugio attraverso la natura stessa; per questo la Lirica Irlandese è ricca di descrizioni del paesaggio e degli animali che lo popolano.


Per saperne di più: "Antica Lirica Irlandese" a cura di Melita Cataldi (Giulio Einaudi Editore) che offre anche
l'antico testo a fronte.


Inserisco un contributo che mi è stato inoltrato da una persona, C.M.

Le antiche liriche e poesie erano tramandate unicamente per via orale in quanto, come giustamente hai scritto, la più antica forma di scrittura gaelica era l'alfabeto ogamico, complesso e che, comunque, era utilizzato solo dai Druidi in quanto tramandato direttamente dal dio Ogma, divinità dell'eloquenza e collegata, come praticamente tutte la stirpe divina dei Thuatha Dé Danann, al sole, alla solarità, alla luce.
Le sue origini sono però tragiche, egli infatti fu il frutto dello stupro di Eithne da parte del re dei Fomori Elatha (i Fomori, al contrario dei Thuatha Dé Danann, erano le divinità degli inferi, oscure creature maligne dalle fattezze umane ma la pelle scura).

Ogma escogitò questo alfabeto per provare la sua generosità e ingegnosità e perchè appartenesse solo ai sapienti Druidi, che usavano a fini sacrali per sigillare divinazioni ed incantesimi,e illudendo contadini e pastori.
In Scozia, Irlanda e Galles sono state ritrovate delle lapidi funerarie con i segni incisi di questo esclusivo alfabeto. Purtoppo non sono state trovate molte altre iscrizioni perchè nella maggior parte dei casi i caratteri venivano incisi sul legno, materiale facilmente deperibile. Esistono più versioni di questo alfabeto, frutto delle diverse scuole che operavano in assoluta segretezza.

Ad ogni lettera dell'alfabeto Ogham corrisponde un Albero Sacro ai Celti come nel calendario celtico, basato anch'esso sulla scrittura del Dio Ogma, a cui ogni mese corrisponde uno di questi Alberi.
Essendo dunque una tradizione tramandata per via strettamente orale, pochi scritti sono giunti, così come erano all'epoca, sino a noi, soprattutto dopo l'invasione da parte dell'Inghilterra ai danni del popolo irlandese quei pochi scritti che erano stati recuperati e tramandati tramite la musica furono per la maggior parte barbaramente bruciati, assieme a quasi tutte le arpe.
Gli inglesi temevano molto il forte spirito patriottico degli irlandesi e hanno dunque cercato di cancellare completamente la loro storia antica.
Chi veniva sorpreso con un'arpa al seguito o uno spartito della tradizione, veniva condannato a morte ed il proprio strumento veniva bruciato assieme agli spartiti o qualsiasi altra forma di scrittura storica. Ancora una volta fu la tradizione trasmessa per via orale a salvare la storia degli irlandesi e dell'Eire.

Secondo quanto riportato dall'arpista Enrico Euron, studioso di storia celtico-gaelica, soltanto circa 300 spartiti di musica tradizionale originale sono arrivati sino a noi, salvati o recuperati dopo la dichiarazione d'indipendenza dell'Irlanda libera (Eire), un numero davvero irrisorio se pensiamo alla storia di questo popolo.

La mancanza di libri o testi scritti ha fatto dunque sì che molta della storia antica d'Irlanda fosse strettamente collegata alle leggende, al mito, come succedeva nell'antica Grecia dove molto spesso i racconti di certi miti avevano un fondamento di verità storica nascosto sotto il velo del sovrannaturale e del divino.
Prendiamo ad esempio in esame le due stirpe divine contrapposte della mitologia irlandese:

-Thuatha Dé Danann
-Fomori

i Thuatha Dé Danann, Dei "buoni", collegati alla luce erano creature dalle fattezze umane dalla carnagione molto chiara e tratti nordici (capelli e occhi chiari) e, probabilmente, impersonificavano le popolazioni native gaeliche, provenienti da insediamenti nati dallo spostamento verso Sud dei popoli scandinavi che presero a spostarsi alla ricerca di luoghi meno ostili degli inferni di ghiaccio e neve dell'emisfero nord del mondo.
I Fomori invece, dalla carnagione scura, mediterranea erano divinità maligne, spiriti del male in perenne lotta conto i Thuatha Dé Danann per il controllo dell'isola. Probabilmente impersonificavano le popolazioni iberiche che, risalendo dalla Spagna, sono giunte sino in Irlanda "minacciando" i nativi già presenti.
Se andiamo poi ad analizzare la lingua gaelica possiamo ritrovare in essa tracce di molte culture diverse, da quella scandinava, alla germanica passando per quella iberica ed il tutto mischiato insieme ha creato un linguaggio che non ha eguali al mondo sia per pronuncia che per musicalità.

I Thuatha dè Dannan ( «popolo della dea Danu» o «del dio la cui madre è Danu»), capitonati dalla dea Danu (come in tutte le religioni pagane la figura centrale era sempre femminile) e signori della Luce, i Fomori, signori delle tenebre, capitonati dal terribile Balor in perenne lotta tra di loro, sino all'arrivo degli uomini, i gaeli, quando i Thuatha dè Dannan, vincitori sui Fomori, si ritirarono nel sottosuolo, mutarono forma divenendo quello che oggi viene definito "Il Piccolo Popolo", ovvero quell'insieme di fate e folletti che si dice popoli i terreni d'Irlanda.

Questo sta a significare che, a livello storico, l'Irlanda ha subito numerose invasioni e quindi il sommarsi di culture e mitologie diverse che si sono fuse insieme. Alcuni storici hanno provato a risalire alle origini di questi miti, ma si tratta solo di supposizioni in quanto non esistendo testi scritti (le storie venivano tramandate a voce dai bardi) non c'è possibilità di confermarle e quindi ognuno va un po' ad interpretazione in base alle fonti a cui si ispira per i propri studi.

Le dinastie divine sostanzialmente sono due:

Come religione i celti adoravano, come la maggior parte delle culture antiche, gli alberi, che erano considerati sacri e legati strettamente alla vita degli uomini, e festeggiavano equinozi e solstizi seguendo il classico schema della Ruota dell'Anno (la ruota, o comunque simboli circolari, sono molto diffusi nei culti pre-cristiani in quanto simboleggiavano il sole, la divinità assoluta. Non a caso la famosa croce celtica ha un cerchio che avvolge la croce e simboleggia molto bene il dualismo che caratterizza il popolo d'Irlanda dopo l'arrivo del cristianesimo, ovvero la coesistenza di una religione a stampo monoteista con tutto il pantheon di piccole divinità tipiche del paganesimo celtico).


In breve le principali feste celtiche afferenti alla Ruota dell'Anno:

Ogni festa iniziava ad essere officiata 3 giorni prima e proseguiva per i successivi 3 giorni quindi in totale si arrivava anche a festeggiare per una settimana di fila! xD

Samhain - capodanno celtico - (tradotto nel nostro calendario cade attorno al 31 ottobre - 1 novembre) [Divinità collegata: Arianrhod (ruota d'argento), Dea della luna]

Yule - solstizio d'inverno (21 - 25 dicembre) [Divinità collegata: Dea madre con il sole bambino]

Imbolc - (candelora) primi di febbraio [Divinità collegata: Brigit]

Oestara - equinozio di primavera (attorno al 21 marzo) [Divinità collegata: Eostre]

Beltane - ai primi di maggio [Divinità collegata: Cernonnus]

Litha - solstizio d'estate [Divinità collegata: Cerridwen]

Lughnasad - primi di agosto [Divinità collegata: Lugh]

Mabon - equinozio d'autunno [Divinità collegata: Modron]


E poi si ricominciava il ciclo nella mitologia celtica, così come in molti culti pre-cristiani, l'andamento delle feste, della vita, era scandito da un ritmo circolare e fortemente legato ai tempi della natura. Samhain, ora divenuta Halloween, era una festa ad esempio dedicata all'oscurità perchè con l'avvicinarsi dell'inverno le giornate tendevano ad accorciarsi ed il clima rigido era letale per le popolazioni dell'epoca che, già allora, usavano travestirsi da mostri per esorcizzare la morte e la paura verso la brutta stagione.

Con il solstizio d'inverno invece le giornate riprendevano lentamente ad allungarsi e quindi gli antichi associavano questa ricorrenza ad una sorta di rinascita del sole "sol invictus" come lo festeggiavano i latini, il "sole invincibile". E così via.



Secolo IX, frammenti tratti dal Libro di Uì Mhaine e dal Libro di Ballymote.


Il piccolo uccello
ha lanciato il suo canto
dalla punta del becco
brillante di giallo.
Forma una nota
sopra Loch Laigh:
merlo sul ramo
denso di giallo


(Loch Laigh è l'odierno Belfast Loch, uno specchio di mare antestante Belfast)



Secolo VIII

Va l'ape gialla da incavo in incavo,
non breve la sua corsa nel sole;
vola fuori gioiosa nella grande pianura,
bello il convegno: ritrovarsi nell'arnia.

(L'ape che esce dal favo simboleggia l'anima del santo che lascia il corpo morente)



Secolo IX

Guardate laggiù
verso nord est
il possente oceano
gremito.
Dimora delle foche
scuro splendente:
la marea nel pieno
rigonfia.


Secolo IX

L'estate è venuta, esuberante, libera,
fa incurvare il bosco ombroso;
salta la cerva, veloce, sottile, e liscio è il percorso delle foche.
Dolce canzone canta il cuculo,
induce sonni lievi;
saltellano gli uccelli sulle placide colline
e balzano lievi gli agili cervi grigi.
Il caldo ha invaso la tana del cerbiatto
e i cani lanciano grida armoniose,
la spiaggia sorride, bionda distesa
che inasprisce il rapido mare.
Suono di folli venti sulla cima
del nero querceto di Drum Daill;
corrono levigate mandrie di cavalli
ai quali è rifugio Cuan Caill.
Il verde prorompe da ogni pianta,
frondosi i cespugli nel verde querceto.
L'estate è venuta, l'inverno è finito:
agrifogli contorti feriscono i cani.
Il merlo, erede del bosco spinoso
canta vigorose melodie;
il mare selvaggio stanco si riposa
e salta il salmone screziato.
Il solo sorride su ogni terra
allontanando il brutto tempo.
Latrano i cani,i cervi s'aggruppano,
s'addensano i corvi. L'estate è venuta.



Secolo IX; poesia presa dal "De institutione grammaticae" di Prisciano.

Mi circonda una barriera di bosco:
melodia del merlo per me, annuncio che non celerò.
Sopra il mio piccolo libro rigato
canto di uccelli risuona per me.
Per me il cuculo con voce chiara canta - piena di ebrezza
nel manto grigio dall'alta fortezza di rami.
Dio del Giudizio! è Signore rifugio per me.
Bello mi è scrivere sotto una fitta foresta.

(il libro è segnato con punta metallica nell'atto di incidere la pergamena)



Secolo IX, dalla "Grammatica" di Prisciano.

Aspro è il vento questa notte
scompiglia i bianchi capelli dell'oceano;
non temo che corrano per il chiaro mare
i feroci guerrieri di Lothlind.

("Innocht" è un riferimento ai vichinghi che assediavano i villaggi e i monasteri di notte; Lothlind, o Lothlend/Lochlann,
è l'antico nome delle terre scandinave)



Secolo VI; frammento attribuito a San Columcille.


Per questo Doire mi è cara;
perchè è quieta, perchè è limpida;
è tutta piena di angeli bianchi
da un canto all'altro.

(Doire è l'antico nome di Derry, la città dove San Columcille aveva fondato un monastero)



Fine XI e inizio XII

Un occhio grigio
guarda indietro verso Erin:
mai più potrà vedere
gli uomini d'Irlanda e le sue donne.

(Frammento dedicato all'esilio di San Columcille)


Secolo IX; questa poesia è una ballata che ricorda un amore contrastato;
Liadan, poetessa dei monasteri, incontra il poeta Cuirithir; si innamorano; si amano;
vengono quindi ripresi da San Cuimmine, che vieta loro di vedersi; i due innamorati resistono per un po',
poi, lasciati da soli una notte, non resistono alla passione amorosa; Cuirithir decide di andarsene per sempre,
lontano dall'amata.


Senza gioia
è ciò che ho fatto:
quando ho amato ho ferito.
Pazzia sarebbe stato
non far ciò che voleva
non fosse per timore del re del cielo.
Non svantaggioso per lui
era l'incontro sperato:
giungere oltre la pena del paradiso.
Per un'inezia
s'adirò Cuirithir contro di me:
grande per lui la tenerezza mia.
Io sono Liadan,
ho amato Cuirithir:
buono fu il tempo passato con lui.
Musica dei boschi
cantava per me quand'ero con Cuirithir
e suono di mare ardente.
Non pensavo
che alcuna mia azione in tal modo
adirasse Cuirithir contro di me.
Non lo nascondo:
anche ogni altro dovrei amare
ma lui era l'amore del mio cuore.


Trascrivo qualche leggenda irlandese presa dal libro "Fate" di Brian Froud, Alan Lee e David Larkin (1978)

La lunghezza diversa del tempo nel Regno della Fate ispirò molte favole della letteratura popolare;
la più conosciuta è forse quella di Rip van Winkle, scritta da Washington Irving.

Una leggenda narra di un giovane chiamato
Shon ap Shenkin, che, in una bella mattina estiva,
fu incantato dal suono di una melodia elfica.
Si sedette sotto un albero ad ascoltare e, quando le ultime note della musica si spensero,
si alzò in piedi e rimase di stucco nel vedere che l'albero sopra di lui, prima verde e lussureggiante,
era completamente secco.
Tornando a casa, scoprì che la sua dimora aveva un aspetto strano;
era invecchiata e ricoperta di edera.
Sulla soglia c'era un vecchio, uno sconosciuto, che salutò Shon e gli chiese che cosa volesse.
Shon, sorpreso, rispose che solo pochi minuti prima aveva lasciato suo padre e sua madre proprio in quella casa.
Il vecchio gli domandò il nome.
"Shon ap Shenkin" rispose il ragazzo.
Il vecchio divenne mortalmente pallido e disse, "Ho sentito spesso mio nonno, tuo padre, parlare della tua scomparsa"
A queste parole, Shon ap Shenkin si sgretolò in polvere sui gradini della soglia.

Un poema irlandese del VII secolo racconta come Manannan mac Lir, guidando il suo carro tra le creste delle onde, osservi divertito e canti mentre Bran (Figlio di Febal) naviga nella sua imbarcazione di vimini su ciò che per lui è il mare e per Manannan il cielo sopra una fertile pianura...

Difatti, tra i marinai, si racconta che vicino all'isola di Gresholm, al largo della costa del Galles, ci siano "I Verdi Prati dell'Incanto", una terra che si intravede sotto la superficie del mare.

"Bran crede che sia una bellezza
il mare chiaro dalla sua barchetta,
ma dal mio carro lontano
pare percorra una pianura di fiori.
Ciò che è un mare chiaro
per la barca dalla prua aguzza
è una pianura felice di fiori
dall'alto delle ruote del carro.
Lungo le cime del bosco ha nuotato
la tua barca, tra le creste dell'onde;
C'è un bosco di bellissimi frutti
sotto la prua di questa scialuppa.
Un bosco di fiori e di frutti
su cui aleggia fragranza di vigna;
Un bosco eterno, senza difetti,
Con foglie di sfumature dorate."

I GOBLIN

I Goblin sono esseri di piccolissima statura, maligni, di carnagione scura, anche se il termine è spesso usato per indicare genericamente gli abitatori più brutti del Regno delle Fate.
Talvolta compaiono sotto forme di animali, il che rispecchia la loro natura bestiale. Sono i ladri e i mascalzoni del mondo delle Fate, compagni dei morti, soprattutto la vigilia di Ognissanti.

"A zonzo in questa santa vigilia,
quando, secondo le serve, gli spettri
lasciano i loro sassosi giacigli
e i Goblin dall'acqua e dal fuoco
perseguitano il nostro cammino."

Oltre a ciò i Goblin sono tentatori e usano spesso i frutti proibiti del Regno delle Fate per attirare le vittime alla rovina:

"Non si devono guardare i Goblin,
e neppure comprare i loro frutti;
Chissà su che suolo hanno cibato
le radici assetate e affamate?"

("Il mercato dei folletti" di Christina Georgina Rossetti)

LA PIOTA VAGANTE

Quando si è portati fuori strada, sia di giorno che di notte,
o si avverte un leggero cambiamento nella fisionomia dei luoghi durante le ore di luce, si dice che si ha un Pixie come guida.

In Irlanda questo inganno viene attribuito a una zolla erbosa o "piota vagante" fatata che produce un incantesimo quando viene calpestata.
Sotto questo influsso capita spesso, nell'attraversare un campo, di scoprire che un cancelletto girevole che si è visto benissimo entrando è improvvisamente sparito;
per quanto si cerchi sistematicamente lungo la siepe non si riuscirà a trovarlo.
In altri casi chi è uscito per una passeggiata scopre improvvisamente che sta andando in una direzione completamente diversa da quella voluta e che non riesce a tornare su quella giusta per quanto tenti di correggere la rotta.
L'incantesimo può essere annullato con il rimedio tradizionale d'indossare la propria giacca rivoltata.

LEANAN-SIDHE

Nell'Isola di Man è un vampiro che succhia il sangue, in Irlanda la musa dei poeti.
Si dice che chi viene ispirato da lei vive una vita breve, ma brillante.


"Vedi la strada graziosa,
che serpeggia l'erta di felci?
La seguiremo noi questa notte
perchè porta al regno degli Elfi.

Cosa che tu veda o che tu senta
Thomàs, però, la lingua tieni,
se sol pronunci una parola
non tornerai alla terra da cui vieni.

Ebbe scarpe di velluto verde,
e una giacca di fine tessuto,
Thomàs per sette anni interi
in terra non fu più veduto."

(da "Le ballate popolari inglesi e scozzesi" di Francis James Child)


Se invece si preferisce approfondire il discorso sui fantasmi (chiamati "Taidhshe") di può consultare "Fantasmi Irlandesi" a cura di Gianni Pilo e Sebastiano Fusco, uscito per i Tascabili Economici Newton, che raccoglie questi racconti:

- "Il fantasma e il conciaossa" di Joseph Sheridan Le Fanu
- "Il fantasma della Signora Crowl" di Joseph Sheridan Le Fanu
- "Che cos'era?" di Fitz James O'Brien
- "La stanza perduta" di Fitz James O'Brien
- "Capelli d'oro" di Bram Stoker
- "Lo sposalizio" di Bram Stoker


Curiosamente, le fate irlandesi, le "Deenee Shee", secondo il Libro di Armagh, sono "Angeli caduti in peccato, non abbastanza segnati dal bene per essere salvati, ma neppure cattivi al punto da meritare l'eterna dannazione".

Si crede anche che i fantasmi si possano presentare sotto forma di farfalle; per questo le madri ammoniscono i bambini che danno la caccia alle farfalle: "Come fai a sapere che non si tratta dell'anima di tuo nonno?"

Ci sono poi le sirene ("Murrughach", da "Muir", mare, e "Oigh", fanciulla) di incredibile bellezza, anche se con i piedi palmati come le anatre. Seducono i giovani rendendoli loro amanti, ma appena invecchiano,li trascinano negli abissi, dove le loro ossa sono trasformate in corallo; i maschi delle sirene sono ripugnanti, con denti verdi, sguardo porcino e naso scarlatto.


Infine, non si può non citare la Banshee (da "Ban", donna, e "Shee", fata) che perseguita le famiglie più antiche e nobili, facendo udire il suo canto lamentoso foriero di disgrazie.
A volte è accompagnata da un Carro Nero, il Coiste-Bodhar (Carro Infernale), sormontato da una bara e trainato da cavalli senza testa.

Le cronache irlandesi riportano di avvistamenti del Coiste-Bodhar fino al 1807! Le testimonianze dei sopravvissuti parlavano di una donna nuda senza testa che scavalcava la cancellata del cimitero di St.James, dopo essere scesa dal Carro Nero; si dice anche che chi ha il coraggio di affacciarsi aprendo la porta per vedere il Carro appostato presso casa, riceva in faccia un catino di sangue.


Dove si trova la "Terra delle Fate?". La sua posizione è sfuggente. A volte è appena sopra la linea dell'orizzonte, altre sotto i nostri piedi. Tuttavia, ci sono state epoche in cui si credeva che la terra delle Fate fosse una zona geografica reale, sebbene anche questa avesse la tendenza a spostarsi. I gallesi, per esempio, pensavano dapprima che fosse situata a nord della loro terra montagnosa e in seguito nella misteriosa penisola occidentale del Pembrokeshire, tutta rocce e nebbia. Più tardi la trasferirono in un'isola del Canale di San Giorgio, al largo della costa del Pembrokeshire. La scorgevano, talvolta, i marinai; qualcuno vi sbarcò anche, sparendo in modo sconcertante. Nonostante ciò, si diceva che i suoi fantastici abitanti visitassero frequentemente i mercati di Laugharne e di Milford Haven. Gli Irlandesi chiamarono Hy Breasail l'isola fantasma che, secondo loro, si trovava a ovest. I Britanni erano convinti che l'isola fantastica fosse l'Isola di Man. Quest'isola è una fonte ricchissima di tradizioni elfiche.


Avalon è probabilmente l'isola delle Fate più famosa. Il leggendario Re Artù, descritto dal poeta Lydgate del XV secolo come un "Re incoronato nella Terra delle Fate", fu portato qui ferito a morte per essere curato da quattro regine delle Fate. Si crede che Artù giaccia ancora, con i suoi cavalieri, nel cuore di una collina immaginaria, immerso in un sonno profondo da cui si sveglierà nell'ora del bisogno per governare di nuovo le sue terre.

Il Regno delle Fate può svelarsi senza preavviso in qualsiasi luogo, luminoso e scintillante, e sparire con la stessa rapidità. Le sue frontiere di crepuscolo, foschia e illusione ci circondano e, come una marea che si ritira, possono momentaneamente svelarci la terra delle Fate prima di chiudersi nascondendola di nuovo. Gli abitatori della Terra delle Fate si dividono in parecchie specie differenti, a seconda del luogo in cui vivono. Oltre gli esseri che conducono una vita appartata, ci sono elfi agresti che stabiliscono le loro dimore nelle foreste (oppure, a volte, più specificamente "adottano" un albero, al punto che l'elfo e l'albero diventano più o meno sinonimi), nei campi, sulle colline e nelle caverne in montagna. Esistono, inoltre, creature soprannaturali che vivono su isole fantastiche o in terre sotto gli oceani ed altre che popolano i mari, i laghi e i fiumi, infine ci sono gli spiriti familiari e della casa ("Brownie" e così via).


All'interno delle varie specie il tipo di vita cambia in modo notevole dalle piccole unità familiari alle comunità organizzate gerarchicamente (che spesso abitano colline cave) e agli esseri solitari e indipendenti come i Leprechaun.

A proposito delle colline; si dice che ogni collina abbia il suo Re e la sua Regina, legati però da un vincolo di fedeltà a un "Gran Re": il più conosciuto è l'Oberon dei poemi cavallereschi medievali, che deve la sua bassa statura a una maledizione che gli fu lanciata durante il battesimo.

LE COLLINE CAVE

Terrapieni, forti e colli antichi sono le dimore tradizionali delle Fate. La parola gaelica che indica le Fate è "Sidhe" (pronuncia: "Shee") che significa "Popolo delle colline". Di notte le colline abitate dalle fate si vedono spesso risplendere di miriadi di luci scintillanti. Talvolta la collina si solleva su pilastri, rivelando le luci vivide delle fate che lentamente si allontanano in processione verso un'altra collina. Il periodo di Lammas , e specialmente il 7 agosto, è l'epoca in cui tradizionalmente ciò avviene. è invece dopo Tuttisanti (11 novembre) il periodo in cui preferiscono cambiare dimora gli Uomini della Collina, chiamati anche Porcari, il più temuto dei popoli elfici dell'Isola di Man. Chi è saggio, nella notte dell'11 novembre non se ne va a zonzo. I Porcari usano sentieri e vie molto battuti, che di solito corrono in linea retta da una collina all'altra; secoli di spostamenti di questo tipo hanno formato un'invisibile rete elfica che si stende su tutto il paese. Millennio dopo millennio agli incroci di questi sentieri si è formato un accumulo di forza residua: questi crocevia sono spesso vicini a luoghi di riunione degli uomini. è senza dubbio sconsigliabile agli intrusi invadere le colline delle Fate (o altri luoghi in cui vivono), ma niente vieta un'osservazione discreta: un osservatore benevolo può essere ricompensato. Se le Fate sono riluttanti a uscire dalla loro collina, si può scoprire l'entrata camminando nove volte intorno alla collina con la luna piena. La via d'ingresso verrà allora rivelata. Chi non osa entrare nella dimora delle Fate può appoggiare l'orecchio contro il terreno, e forse sarà premiato dalle musiche e dai canti delle loro feste. Oltre che come dimora, le colline cave sono usate come nascondiglio dell'oro, e spesso anche come luogo di sepoltura. Già sappiamo di Re Artù. Un altro Re, Re Sil, chiuso nell'armatura d'oro, cavalca il suo cavallo nella profondità di Silbury Hill, nel Wiltshire. Una leggenda simile circonda la Collina dei Goblin, "Bryn Yr Ellyllon", vicino a Mold, Clyd Flint: la collina è visitata insistentemente da una figura in una carrozza d'oro. Scavi che risalgono al 1883 portarono alla luce uno scheletro con un corsaletto d'oro.

Un'altra curiosità:

è chiaro che non si può invadere o dissacrare il luogo scelto dalle Fate per vivere. è imprudente chi decide di costruire sul terreno delle Fate; infatti questo piccolo popolo è capacissimo di spostare case, chiese e addirittura castelli, se ne contesta la posizione. Le case incautamente costruite lungo un sentiero delle Fate vengono disturbate. Una di queste case perseguitate, costruite in Irlanda, aveva uno spigolo esterno sporgente che intralciava il cammino delle Fate. Per questo motivo di notte la casa si riempiva di rumori, tremava e sembrava dovesse crollare da un momento all'altro: solo quando lo spigolo fu abbattuto, la pace tornò nell'abitazione. In casi simili il problema è stato parzialmente risolto lasciando la porta d'ingresso e quella posteriore aperte di notte, per permettere alla Fate di passare indisturbate. Nonostante la soluzione sia piuttosto gelida, molte casette di campagna in Irlanda hanno la porta d'ingresso e quella posteriore allineate, come precauzione contro questo genere di disturbi.

IL LEPRECHAUN

Gli Irlandesi hanno un loro elfo industrioso, il Leprechaun o "Artefice-d'una-scarpa". è un ciabattino solitario che si può trovare sotto una foglia di romice o sotto una siepe mentre lavora allegramente a una scarpa sola (mai un paio). Come con tutti gli elfi, è importante vedere il Leprechaun prima che lui ci veda; è allora più disposto a collaborare e forse, lo si può persuadere a rivelare il luogo in cui è nascosta una delle sue pentole piene d'oro. e però scaltro e ingannevole e può sparire in un battere di ciglio.
Si racconta che una volta un Leprechaun indicò a un contadino, in un campo di Erba di San Giacomo, l'unica pianta sotto cui c'era dell'oro nascosto. Non avendo con sé una pala, il contadino legò la sua giarrettiera rossa alla pianta e andò a casa a prendere l'attrezzo che gli serviva. Al ritorno tutte le piante di erba di San Giacomo sfoggiavano una giarrettiera rossa.
Simile al Leprechaun è il Fir Darrig (pronuncia "Fear dearg").

BOGLE
   
I Bogle sono invece folletti maligni, che hanno tendenza a nuocere a bugiardi e ad assassini.
Esistono anche molte streghe. Pare personifichino l'inverno, e sono probabilmente quanto è sopravvissuto delle dee più antiche. Alcune sono capaci di trasformarsi, come l'inverno nella primavera, da vecchie orribilmente brutte in bellissime fanciulle, altre, come Anna La Nera, sono antropofaghe.


GLI SPIRITI DELL'ACQUA  

L'acqua è sempre stata importante nella mitologia. La sua natura ambivalente di dispensatrice di cibo e nutrice dei raccolti e nello stesso tempo di predatrice di vite, rende le divinità a essa associate particolarmente potenti. Come i fiumi e gli stagni che popolano le varie Glaistig, Ondine, Nixie, Lorelei, Rusalki, Naiadi e altre ancora uniscano le caratteristiche della bellezza e quelle dell'inganno.

GLAISTIG

Le Glaistig sono ninfe delle acque, in parte dame seducenti, in parte capre. Indossano una lunga e fluente veste verde con la quale cercano di nascondere gli attributi caprini. Le Glaistig inducono gli uomini a danzare con loro prima di nutrirsi come i vampiri, del loro sangue. La loro natura rivela la tipica malvagità delle fate, ma sanno anche essere buone e accudire con gentilezza i bambini o i vecchi. Qualche volta sorvegliano pure il bestiame per i contadini.


PEG POWLER e JENNY DENTIVERDI

Esistono molti spiriti delle acque il cui unico divertimento consiste nell'annegare e nel divorare i bambini. Probabilmente furono inventate dalle madri per tenere i figli lontani dalle sponde non protette dei fiumi. Il fiume Tees ne ha una chiamata Peg Powler, un fiume dello Yorkshire ha come inquilina Jenny Dentiverdi: sono entrambe streghe verdi, con lunghi capelli fluenti e denti aguzzi che trascinano le loro vittime verso liquide tombe.


Una leggenda irlandese racconta la storia di un gobbo sventurato, chiamato Lusmore, che viveva in una fertile valletta ai piedi dei tenebrosi monti Galtee.
T. Crofton Croker nel suo "Leggende e tradizioni delle Fate d'Irlanda del sud", ci dice che il povero Lusmore, chiamato così perchè portava sempre un rametto di digitale ("Lusmore") nel cappelluccio di paglia, soffriva doppiamente per la propria deformità. Infatti la gente del luogo era un po' spaventata dal suo aspetto innaturale e lo sfuggiva. La gobba di Lusmore era gigantesca, e "sembrava che il suo corpo fosse stato arrotolato e messo sulle spalle; la testa era così schiacciata dal peso che il mento, quando stava seduto, poggiava sulle ginocchia per sostenerla."
Qualcuno inventò addirittura strane storie sul suo conto, sebbene ciò si dovesse probabilmente imputare all'invidia. Infatti Lusmore era un artigiano pieno di talento: intrecciava paglia e giunchi fabbricando cappelli e cesti bellissimi che regolarmente riusciva a vendere a un prezzo migliore degli altri.

Una sera, mentre ritornava a casa dalla graziosa cittadina di Cahr, Lusmore si sedette un momento vicino al vecchio fossato di Knockgrafton per riposare le membra stanche. Subito sentì venire dal fossato una musica meravigliosa e soprannaturale. La melodia era così affascinante che Lusmore stette ad ascoltare con molta attenzione, finché la continua ripetizione del motivo non lo annoiò. Dopo un po' ci fu una pausa, e Lusmore proseguì da solo la canzone ma alzandola di tono. Continuò poi a cantare accompagnato dalle voci all'interno del fossato. Le Fate e gli Elfi furono deliziati da questa inaspettata variazione della loro melodia e "con risoluzione improvvisa decisero di portare tra loro il mortale, la cui abilità musicale si dimostrava di tanto maggiore alla propria. Il piccolo Lusmore fu trasferito in mezzo a loro con la velocità turbinosa di una tromba d'aria". Le Fate e gli Elfi, tutti contenti, pagarono un giusto tributo al talento di Lusmore, mettendolo al di sopra di tutti i propri musicisti. Lo festeggiarono e onorarono "come se fosse stato l'uomo più importante della contrada".
A un certo punto Lusmore notò che stavano facendo gran consultazioni e si allarmò non poco, ma un elfo uscì dal gruppo e gli disse:

"Lusmore, Lusmore!
Non affliggerti più,
la gobba che reggevi sul dorso
non c'è più,
abbassa gli occhi, Lusmore,
e guarda laggiù!"

Lusmore sentì un'insolita leggerezza sulle spalle ed era così emozionato che "sarebbe potuto balzare con un solo salto sulla luna". Si guardò intorno con stupore, in grado per la prima volta di sollevare la testa, e tutto gli apparve ancora più bello. "Sopraffatto dalla vista dello splendore circostante, fu preso dalle vertigini e gli offuscò lo sguardo".
Infine cadde in un sonno profondo e, quando si risvegliò, meraviglia delle meraviglie, era un uomo diverso. Con indosso un vestito nuovo di zecca, che doveva essere appartenuto agli Elfi, si accorse di essere diventato "un piccolo uomo azzimato e ben proporzionato" .
Non molto tempo dopo, quando ormai la storia della gobba di Lusmore si era sparsa nella regione, giunse alla sua casa una vecchia signora che gli chiese i particolari della "cura" per il figlio gobbo di una conoscente. Lusmore, che aveva buon carattere, raccontò volentieri come erano andate le cose. La donna lo ringraziò gentilmente e tornò a casa. Riferì all'amica quanto Lusmore le aveva detto, e insieme attraversarono con il gobbo la regione per andare al vecchio fossato di Knockgrafton. Il gobbo, il cui nome era Jack Madden, era "un essere stizzoso e astuto sin dalla nascita". Quando udì la musica soprannaturale fu preso dalla smania di liberarsi della gobba e non si preoccupò di aspettare il momento più adatto per inserirsi nel canto proponendo una variazione né di curare la qualità dello stesso. Non fece quindi che intromettersi nel canto degli Elfi e delle Fate, strillando le sue parole e "pensando che se la prima volta era stata positiva la seconda sarebbe stata più fruttuosa, e che se Lusmore aveva ricevuto un vestito nuovo, a lui ne sarebbero spettati due".

Gli Elfi e le Fate uscirono dai gangheri a questa intrusione, fecero volare con una forza tremenda Jack Madden nel fossato e lo circondarono strillando e urlando. Uno di loro si fece avanti di tra la folla e disse:

Jack Madden! Jack Madden!
Nella felice canzone
che allieta il fossato
crocida il tuo vocione,
Jack, sei bell'e rovinato;
Ecco due gobbe, ché sei stonato"

A queste parole "venti tra gli Elfi più forti portarono la gobba di Lusmore e la depositarono sulla schiena del povero Jack, sopra a quella già esistente. La gobba si attaccò più saldamente che se l'avesse inchiodata con chiodi da dodici centesimi il miglior falegname che mai ne abbia piantato uno".
Gli Elfi e le Fate buttarono fuori dal loro castello lo sfortunato individuo, che fu trovato la mattina seguente dalle due donne che lo avevano accompagnato mezzo morto e con la doppia gobba sulle spalle. Non occorre dire che lo sventurato Jack Madden non sopravvisse a lungo a questa nuova disgrazia, perchè il peso sulle spalle era diventato tremendo. Morì infatti poco dopo il suo ritorno a casa.





In Italia la storia si racconta in un modo un po' diverso. A Peretola, un gobbo si trovò per caso presente a un ballo delle fate: queste intonarono una cantilena basata sui nomi dei giorni della settimana, ma non seppero terminarla. Il gobbo suggerì loro la fine della filastrocca, e le Fate come ricompensa gli tolsero la gobba. L'uomo raccontò a un amico, gobbo anche lui, la sua avventura; l'amico raggiunse il luogo dove ballavano le Fate, ma si comportò male con loro, per cui esse gli appicicarono sul petto la gobba che avevano tolta al primo.

IL FENODEREE

è un Brownie che vive sull'Isola di Man. Lavoratore diligente e dotato di forza prodigiosa, il Fenoderee è di grande aiuto ai contadini di Man. La sua forza e il suo entusiasmo non sono però uguagliati dall'intelligenza, come risultò evidente quando unì una lepre al gregge di pecore che stava custodendo. Si racconta anche di una volta in cui, per prenderlo in giro, cercarono di fargli riempire d'acqua un setaccio.
Il Fenoderee apparteneva ai Ferrishyn, la tribù di Elfi dell'Isola di Man, finchè un giorno commise l'errore di assentarsi durante le feste per corteggiare una fanciulla mortale. Gli fu tolto il bell'aspetto e divenne la brutta creatura solitaria che conosciamo.
Come tutti i Brownie si offende quando gli vengono offerti vestiti e abbadona subito il lavoro; è un mietitore famoso, noto per la sua scrupolosità.


(Leggende tratte dal libro: "Fate" di Brian Froud & Alan Lee)