Yves Bonnefoy


Qualche verso di Yves Bonnefoy, Poeta francese.


MOVIMENTO E IMMOBILITà DI DOUVE (Einaudi editore)

Nota: Douve è un luogo immaginario, ideato dal Poeta.
Ha molteplici significati: acqua morta, acqua melmosa dei fossati intorno ai castelli medioevali, ranuncolo delle paludi...



I

Ti vedevo correre sulle terrazze,
ti vedevo lottare contro il vento,
ti sanguinava il freddo sulle labbra.
E t'ho vista spezzarti e gioire d'essere morta oh più bella
della folgore, quando chiazza i vetri bianchi del tuo sangue.


II

Declinando l'estate ti screpolava d'un piacere monotono
disprezzavano l'ebbrezza incompiuta di vivere.
"Meglio l'edera, dicevi, l'aggrapparsi all'edera alle
pietre della sua notte: presenza senza scampo, viso
senza radici.
"Estremo vetro felice che l'unghia solare dilania,
meglio sulla montagna questo villaggio per morire".
"Meglio questo vento"


VII

Ferita confusa tra le foglie,
ma vinta dal sangue della tracce perdute,
complice ancora del vivere.
T'ho vista insabbiata dopo la tua battaglia
esitare ai confini del silenzio e dell'acqua,
e la bocca lordata dalle ultime stelle
spezzare in un grido l'orrore di veglia della notte.
Oh drizzando nell'aria subito dura come roccia
un bel gesto d'ardesia.


X

Vedo Douve supina. Alla sommità dello spazio carnale
l'odo brusire. Scarabei neri affrettano le mandibole
attraverso questa distesa in cui le mani di Douve si
espandono, ossa spolpate delle carni trasmutandosi in tela
grigia che il ragno solenne rischiara.


XVI

Dimora d'un cupo fuoco ove convergono i nostri
declivi! Sotto le sue volte ti vedo risplendere, Douve immobile,
presa nelle reti verticali della morte.
Douve geniale, arrovesciata: al passo degli astri nello
spazio funereo, s'inoltra lentamente nei piani inferiori.


XVIII

Presenza esatta che ormai nessuna fiamma può ridurre
scorta del freddo segreto; viva, di quel sangue che
rinasce e s'accresce là dove il canto si strazia,
era necessario che tale tu apparissi ai confini sordi e
d'un sito funereo in cui la tua luce decade, subissi la
prova.
Oh, più bella e infusa la morte nel tuo riso! Oso adesso
incontrarti, reggo lo splendore dei tuoi gesti.


Da "Ultimi Gesti"


II

....

Oh tu che sprofondi dal desco d'Osiride
nelle acque della morte!
Per l'ultima volta il tuo seno
fulgente sui convivi.
Ma spandendo la luce glaciale del viso
sulla sterilità dei luoghi infernali.


III

....

Basta perchè io dimentichi
il tuo viso che urla su ogni muro,
oh Menade riconciliata forse
con tanta ombra felice sulla pietra.


IV

Sei veramente morta o giochi ancora
a simulare il pallore ed il sangue,
oh tu che appassionata al sonno ti abbandoni
come non si sa che morire?
Sei veramente morta o giochi ancora
in ogni specchio
a perdere il tuo riflesso, il tuo calore e il sangue
nell'intenebramento d'un immobile viso?


PARLA DOUVE

I

Talvolta, dicevi, errando all'alba,
per i sentieri anneriti,
condividevo l'ipnosi della pietra,
ero anchio cieca.
Ora questo vento è venuto per cui le mie commedie
si sono chiarite nell'atto di morire.
Desideravo l'estate.
Un'estate furibonda per seccare le mie lacrime,
ora il freddo è venuto e mi di dilata nelle membra,
e fui risvegliata e soffersi.


Chiedi al signore della notte che notte sia questa,
chiedi: che vuoi tu, signore diviso?
Naufrago della tua notte, in lei sola ti cerco,
vivo delle tue domande, parlo nel suo sangue,
sono il signore della tua notte, veglio in te come notte.


UNA VOCE

....

Io sono una parola intentata all'assenza,
l'assenza distruggerà il mio ricominciare,
si è presto perire esser solo parola,
ed è impresa fatale, coronamento vano.


Da "L' ARANCIERA"

Così noi vegliavamo ancora al sommo della notte dell'essere.
Un cespuglio cedette.
Fratture segreta, con quale uccello di sangue volteggiavi
tu nelle tenebre?
Quale stanza raggiungevi, ove l'orrore dell'alba
s'incupiva sui vetri?

....

Douve sarà il tuo nome lontano fra le pietre,
Douve profonda e nera,
Acque basse irriducibili dove ogni sforzo è vano.

....

L'odore del sangue sarà il bene che cercavi,
bene frugale raggiante sull'aranciera.
Il sole si volgerà, con vivida agonia
illuminando il luogo ove fu tutto chiaro.


VERO LUOGO

Lacrima dunque su una sorgente più
profonda e si schiude, dalia dei morti,
sul sagrato delle acque terrose di novembre
che traggono a noi i rumori del mondo morto?
Mi sembra, chino sull'alba difficile,
del giorno riconquistato e che mi spetta,
d'udire il pianto della presenza eterna
mio demone segreto mai sepolto.
Oh voi ricomparirete, rive della mia forza!
Ma sia malgrado il giorno che mi guida.
Ombre, non siete più. Se mai l'ombra risorga
sarà di notte e volontà di notte.