Marco Mastromauro


Riscrivo qualche verso di Marco Mastromauro, tratti da "Memorie di un pianeta" (1997).
La particolarità di queste poesie è che sono dedicate ad eventi di sterminio, di macerie, stupri di guerra, ma anche atmosfere esotiche ed arabeggianti rese, a mio parere, con efficacia...

Mi pare un autore autoprodotto (io l'ho trovato per caso in biblioteca a Castellanza).


STA IN AGGUATO

In questo luogo d'ombre
i colori dell'iride a tratti
frugano tra il tempo e il sangue
le impronte vive di un giorno ostile
le sue ferite
sottili come il volto
assente nella memoria
c'è qualche digiuno di troppo
in questo cerchio d'ombra
dove i padroni non hanno carne
dietro gli occhiali a specchio
e i desideri diventano lividi
come notai.

... Dovunque pareti d'amianto
ciglia di corallo
strisciano nell'abisso consueto
che separa il tempo della verità.


SANGUE

Il Sangue sul corpo della donna,
il machete. Ancora cola sul braccio
che s'alza, colpisce. I soldati
oltrepassano il rogo del silenzio.
Avanza l'eco dei tamburi, entra
nei villaggi, scuote (ogni respiro
s'arresta, impazzisce).


1917

Questa trincea sta franando sotto
Morte rabbiosa bava di fango. Memorie
ristagnano fredde nella nebbia.
Qui, contorte, le dita, segnano la
fronte, lo sguardo attento, già vuoto di sangue.
(Qualcuno chiamerà vile, rovinoso
disordine, quel che oggi è inutile
massacro fra Isonzo e Tagliamento)


CIORAKOVO

Dietro le macerie della moschea
un pezzo di vetro, rapido, penetrava:
corpo ansante, fino in fondo, carne dolce, sangue, gola.

Violentata da giorni, Almira,
(cosce aperte con forza, inerti, viola)
tra respiro e non respiro
uno sguardo acceso, palpitante.


PAKISTAN

Prima delle dieci di sera le danzatrici
si affacciano sulla strada. Il fumo
dei caffè attraversa il bazaar
oltrepassando i rifiuti mentre
i venditori ambulanti gridano
agli angoli del quartiere: dietro
le porte chiuse le ragazze hanno
smesso di cantare.

Samina ha occhi vaganti
che l'uomo tortura ogni notte
nella stanza segnata da cicatrici
di piacere (come fiore
d'ibisco non ha profumo)


SUDAN

Da nord a sud, a piedi nudi,
su terre senza boschi, ombre
innocenti, agnelli senza respiro
tra silenzi sempre più foschi,
echi di spari, lampi di cometa,
dentro la puzza di fumo
mescolata al sangue rappreso
sui muri sventrati, le case, l'orrore.

Strappando frutti acerbi
di mango selvatico, oltre le rovine
dei villaggi, da letti di rami,
e bastoni fuggono senza meta.

Popolo erratico, gregge solitario,
occhi arrossati nel buio,
occhi che rallentano lo sguardo
prima di sfinire: nulla di nulla,
niente che ci si aspetti, miglia
e miglia di polvere e calura, fronde
agitate dal vento finché un taglio
il fruscio della notte farà morire.



GUERRA

Al fruscio delle betulle
sollevai le palpebre:
un'arida luce, un tuono d'ombre
all'orizzonte. I fili del ragno
argentato brillavano di tremule
gocce, tra foglie brune, solitarie.
Nessun riparo: fragore di nubi,
saliva da colline già brulle
da villaggi annientati.


PRAGA (bellissima... *.* nota di Lunaria)

Nel cimitero ebraico il silenzio
è un muro segregato
spezzato in pietre che ancora
si sgretolano, inesorabili.
Sotto le lapidi il buio albeggia
opaco, disperde nebbie
marmoree tra i viali di Praga
Sopra piazza Venceslao
si levano grida, pugni in alto,
bagliori di fiamme e croci,
risuonano passi cadenzati.


ATTORNO ALLA MOSCHEA BLU

Camminano ridestandosi
dentro cerchi d'ipnotismi coranici
entrano lasciano il proprio volto
a correnti d'acqua grigia, al fango
delle terrificanti sottomissioni.
Scivolano nel nulla che i mortai
hanno sollevato dalle rovine
attorno alla Moschea Blu,
invisibili, cupe, sfuggono
il vibrare dell'agguato, il lampo
degli spari, il destino ritornato
per uccidere e di nuovo svanire.
In cambio un panorama infittito
da trame sottili, sconnesse
barricate di sguardi galvanici,
un corpo reincarnato nel ricordo
angosciante di teneri abbandoni,
brevi vicinanze, indugi, futili
capricci. Così innavvertitamente,
dietro i loro passi, si chiudono
le porte, le labbra, tace oggi suono.


11.4.1996 (meravigliosa poesia...)

(incursione di aerei israeliani a sud del Libano. Bombardamenti nella "fascia di sicurezza"
e nei sobborghi di Beirut)

Sotto un cielo tetro, ventoso,
specchiato da pozze e di fango,
in immagini deformi si compiono
le Sacre Scritture: ecco stormi
d'elicotteri abbacinati, furiosi,
ecco l'orgasmo di fuoco, l'agonia
d'ogni colpa, miasma che si diffonde
nelle case sventrate dagli scoppi,
nel vuoto. Ora il martirio è un fumo
sanguinante che rantola tra le macerie
d'orrida luce.
Acque di Tiberiade, presto,
sommergete dentro diluvi d'amnesie
questi echi pulsanti, i bisbigli
della Città Santa, i corpi bruciati,
fottuti, ansimanti, quest'odio atroce
che grida nel sonno e strazia
ogni misera pace.
Ancora si sgrana
il rosario di tuoni nella notte
che oscura si offre, seduce.



POTOSI (BOLIVIA)

Questa è la montagna che il Demoi
ha ereditato dall'immenso altipiano.
Disperse nel labirinto
delle gallerie, cavità senza fine
avvampano di riflessi. Svaniscono,
tremule ombre dell'Inferno.
I picconi spezzano il buio
nelle viscere aperte della notte:
nascere è una ferita nel vuoto
eterno, un destino sovrano masticato
con la coca, una rabbia sfinita
da ossessioni ogni giorno taciute,
uno scoppio che devasta il respiro,
ancora sanguina, geme, invoca.


KATHEHONG, 29 GENNAIO 1992 (SUDAFRICA)

Con dodici colpi hanno sfasciato
la porta. Dodici grugniti rabbiosi
hanno usurato la luce del mattino.
Gridava, maestra-occhi-di-terrore,
fanciulla bianca, mentre il fuoco
le scioglieva i capelli. I bambini,
figli di negri, bocche spalancate,
sono fuggiti dall'aula: mandria
sventurata, s'è dispersa nelle strade
di città sterminate, nelle fiamme
che il vento ingrossa con lacrime
spesse di benzina scura.