Annette von Droste-Hülshoff


Una Poesia di questa Poetessa Tedesca, Annette von Droste-Hülshoff (1840-1846), che a mio Padre piaceva molto. Riporto anche il testo in Tedesco, lingua che mio padre amava e parlava molto bene.


"La tomba megalitica"

All'ora che divide il giorno dalla notte,
giaceva la brughiera come un vecchio ammalato,
e il rantolo scuoteva il tappeto di muschio;
di scintille febbrili, elettrica, la chioma
sconvolta lampeggiava, e sopra, incubo scuro,
s'adagiava lo strato delle nubi.

Fu a quell'ora che azzardai un'uscita
incerta, solitario (1), carico dei miei crucci,
indifferente quasi a ciò che stava intorno.
Andavo meditando, e neppure badavo
al grande mare d'erba, al lume delle lucciole:
che la luna sorgeva non m'accorsi.

La strada era dritta, senza ponti né stagni,
così fantasticavo, e come un libro sciocco
o una rivista facile (2), quando facciamo un viaggio,
di stazione in stazione non ci lascia un istante,
almeno cento volte avrò rimasticato
progetti già scartati, temi frusti.

Disegni da disegni via via si sviluppavano,
eppure come il serpe che si morde la coda,
ero sempre a quel punto. Ma ecco che, improvviso,
proprio a un occhio mi colse, forte, un cervo volante.
Ebbi un sussulto, e mi trovai per terra,
l'erica tutt'intorno come un'onda.

Che strana giacitura mi ero riservata!
Da una parte, dall'altra, solo pietra massiccia,
blocchi potenti, lastre di porfido intoccate;
alto sopra il mio capo spaziava l'edificio,
capelli di licheni mi sfioravano il ciglio
e la ginestra mi cedeva al piede.

Una tomba preistorica, mi fu subito chiaro,
ed appoggiai la fronte al sasso con più forza
attingendo bramoso a qull'orrore dolce,
sinchè m'imprigionarono degli artigli gelati,
sinchè l'onda del sangue pulsò sotto il mantello
come spiccia una fonte dal ghiacciaio.

Sopra di me la volta, affondata e traversa,
dove un lume di luna dormiva, triste e pallido
come siede al sepolcro del consorte la vedova;
accanto, delle braci di un fuoco di pastori
sembravano, nel timo, quelle d'un rogo funebre,
così che col bastone le rimossi.

Frr, sfrecciò con un grido un vanello dal muschio:
mi venne una risata, ma mi portò lontano
la fantasia sfrenata, oltre chiuse e barriere.
Al vento davo ascolto, intento, emozionato,
come recasse nuove dal mondo degli spiriti,
e lo sguardo era fisso sulla volta.

Che braccia quella pietra voltolarono un giorno?
Chi calò sino al fondo questi macigni grezzi,
all'eco, per la landa, del compianto di morte? (3)
E chi fu mai la maga, che percorse la valle,
con la sua verga e i carmi, nella luce serale,
spirando il vento nella chioma d'oro?

Là si trova l'oriente; tra piedi sottoterra,
laggiù si trova l'urna, e nel cavo racchiude
un cuore non domato, in cenere ridotto.
Qui d'una sacra selva ha sua dimora il sogno,
e sopra questa pietra, corrucciati, gli dei
scuotono i loro riccioli di nubi.

Ho pronunciato formule? Là dietro, sulla diga,
qualche cosa s'innalza, s'allarga come un'onda,
la forma d'un gigante, sempre più forte, eccelsa;
adesso viene avanti, a passi smisurati,
e già oltrepassa, vedi, la cima della quercia,
con la luna che sfiora le sue membra.

Vieni, discendi ormai, il tuo tempo è compiuto!(4) 
T'aspetto, consacrato dall'acqua benedetta,
ancor m'impregna l'abito l'aroma della chiesa!
Sobbalza quello, forma un groppo furibondo,
e lentamente, nuvola tenebrosa, trapassa
sopra il mio capo, via per la brughiera.

Un richiamo, una luce, un passo vacillante:
"Ecco, signore, piove!" il mio lacchè m'avverte,
e tranquillo l'ombrello mi tiene sulla testa.
Un'altra volta ancora riguardai quelle pietre:
Ah, Dio, c'era soltanto una rustica tomba
sopra un pugno di polvere insecchita.


1) La Poetessa usa il maschile perchè si presenta come un uomo.
2) Un rivista popolare, sul modello britannico del "Penny Magazine", che si pubblicò a Lipsia dal 1833 al 1855.
3) La Poetessa sta descrivendo un rituale funerario preistorico.
4) Allude alla fine del Paganesimo.


******


"Der Hünenstein"

Zur Zeit der Scheide zwischen Nacht und Tag,
als wie ein siecher Greis die Heide lag
und ihr Gestöhn des Mooses Teppich regte,
Krankhafte Funken im verwirrten Haar
Elektrisch blitzen und, ein dunkler Mahr,
sich über sie die Wolkenschichte legte;

Zu dieser Dämmerstunde wars, als ich
einsam hinaus mit meinen Sorgen schlich
und wenig dachte, was es draußen treibe.
Nachdenklich schritt ich, und bemerkte nicht
des Krautes Wallen und des Wurmes Licht;
Ich sah auch nicht, als stieg die Mondesscheibe.
Grad war der Weg, ganz sonder Steg und Bruch;
so träumt ich fort und, wie ein schlechtes Buch,
ein Pfennigs-Magazin uns auf der Reise
von Station zu Stationem plagt,
hab zehnmal Weggeworfnes ich benagt
und fortgeleiert überdrüßge Weise.

Entwürfe wurden aus Entwürfen reif,
doch, wie die Schlange packt den eignen Schweif,
Fand ich mich immer auf derselben Stelle;
da plötzlich fuhr ein plumper Schröter jach
ans Auge mir, ich schreckte auf und lag
am Grund, um mich des Heidekrautes Welle.

Seltsames Lager, das ich mir erkor!
Zur Rechten, Linken schwoll Gestein empor,
Gewalt'ge Blöcke, rohe Porphyrbrode;
mir überm Haupte reckte sich der Bau,
Langhaar'ge Flechten rührten meine Brau,
und mir zu Füßen schwankt' die Ginsterlode.

Ich wußte gleich, es war ein Hünengrab,
und fester drückt' ich meine Stirn hinab,
Wollüstig saugend an des Grauens Süße,
bis es mit eis'gen Krallen mich gepackt,
bis wie ein Gletscher-Bronn des Blutes Takt
aufquoll und hämmert'unterm Mantelvließe.

Die Decke über mir, gesunken, schief,
and der so blaß gehärmt das Mondlicht schlief,
wie eine witwe an des Gatten Grabe;
vom Hirtenfeuer Kohlenscheite sahn
so leichenbrandig durch den Thymian,
daß ich sie abwärts schnellte mit dem Stabe.

Husch fuhr ein Kiebitz schreiend aus dem Moos;
ich lachte auf; doch trug wie bügellos
mich Phantasie weit über Spalt und Barren.
Dem Wind hab ich gelauscht so scharf gespannt,
als bring er Kunde aus dem Geisterland,
und immer mußt ich and die Decke starren.

Ha! welche Sehnen wälzten diesen Stein?
Wer senkte diese wüsten Blöcke ein,
als durch das Heid die Totenklage schallte?
Wer war die Drude, die im Abendstrahl
mit Run und Spruch umwandelte das Tal,
indes ihr goldnes Haar in Winde wallte?

Dort ist der Osten; dort, drei Schuh im Grund,
dort steht die Urne, und in ihrem Rund
ein wildes Herz, zerstäubt zu Aschenflocken,
hier lagert sich der Traum vom Opferhain,
und finster schütteln über diesen Stein
die grimmen Götter ihre Wolkenlocken.

Wie, sprach ich Zauberformel? Dort am Damm
es steigt, es breitet sich wie Wellenkamm,
eins Riesenleib, gewalt'ger, höher immer;
nun greift es aus mit langgedehntem Schritt
schau, wie es durch der Eiche Wipfel glitt,
durch seine Glieder zittern Mondenschimmer.

Komm her, komm nieder - um ist deine Zeit!
Ich harre dein, uim heil'gen Bad geweiht;
noch ist der Kirchenduft in meinem Kleide!-
Da fährt es auf, da ballt es sich ergrimmt,
und langsam, eine dunkle Wolke, schwimmt,
es über meinem Haupt entlang die Heide.

Ein Ruf, ein hüpfend Licht - es schwankt herbei -
und - "Herr, es regnet" - sagte mein Lakai,
der ruhig übers Haupt den Schirm mir streckte.
Noch einmalsah ich zum Gestein hinab:
ach Gott, es war doch nur ein robes Grab,
das armen, ausgedorrten Staub bedeckte!